Il legame indissolubile tra leadership e responsabilità nel Metodo Kanban

Nel contesto dinamico del metodo Kanban, la leadership e la responsabilità emergono come due facce della stessa medaglia, intrinsecamente collegate per guidare il cambiamento evolutivo e il successo organizzativo. In questo senso voglio approfondire quanto già introdotto nel precedente articolo, che potete rileggere qui.

L’immagine (fonte: Kanban University) evidenzia quanto sia fondamentale, per promuovere una leadership efficace a tutti i livelli, delegare le responsabilità verso i livelli più operativi dell’organizzazione.

La leadership come atto di responsabilità a ogni livello

Contrariamente a una visione tradizionale che confina la leadership ai vertici gerarchici, in un sistema Kanban, la leadership è definita principalmente come un atto, un’azione, non semplicemente una posizione. Si manifesta nella capacità di ispirare gli altri all’azione attraverso l’esempio, le parole e la riflessione. In quest’ottica, la responsabilità diventa un elemento fondante della leadership. Chiunque intraprenda un’azione per il miglioramento, per risolvere un problema o per far progredire il lavoro si assume una responsabilità.

La leadership è necessaria a tutti i livelli per raggiungere la creazione di valore e il miglioramento continuo. Incoraggiare atti di leadership significa quindi promuovere un ambiente in cui gli individui si sentano autorizzati e motivati a contribuire con le proprie idee e a prendere iniziativa. Questa presa di iniziativa è intrinsecamente legata alla responsabilità di portare avanti le azioni intraprese.

La responsabilità come fondamento del cambiamento evolutivo

La leadership è un elemento chiave nella formula per il cambiamento evolutivo, che include uno stressor, un meccanismo di riflessione e, appunto, un atto di leadership. Senza una leadership attiva, i momenti di riflessione potrebbero non tradursi in azioni concrete. La responsabilità dei leader, a tutti i livelli, è quella di catalizzare le discussioni e spingere all’azione per affrontare le sfide.

L’impedimento al miglioramento è spesso una mancanza di leadership, e questa mancanza è frequentemente dovuta a una mancanza di responsabilità. Un’organizzazione che valorizza la leadership a tutti i livelli deve di conseguenza promuovere una cultura di accountability, dove gli individui sono ritenuti responsabili delle proprie azioni e dei risultati dell’organizzazione (ho spiegato il concetto di accountability in un articolo che potete rileggere qui).

È importante distinguere tra il prendere responsabilità per le azioni e l’accettare la responsabilità per i risultati. Una maturità organizzativa più profonda richiede individui con una motivazione altruistica e orientata al servizio, che comprendano l’impatto del loro comportamento sugli esiti collettivi dell’organizzazione. L’accountability non avviene magicamente; richiede meccanismi di feedback per riflettere sugli esiti e sulle azioni individuali.

È fondamentale che ci siano persone disposte ad assumersi la responsabilità in prima persona, agendo con affidabilità, mettendosi in gioco concretamente (“skin in the game”) e accettando rischi personali. Questo approccio è basato sul pensiero di Nassim Nicholas Taleb che, nel suo libro Skin in the Game, esplora i principi chiave alla base di resilienza, robustezza e antifragilità.

La maturità della leadership e la crescita della responsabilità

Il Kanban Maturity Model (KMM) illustra come la maturità della leadership sia strettamente legata alla maturità organizzativa. I diversi livelli di maturità della leadership descrivono anche differenti approcci alla responsabilità.

  • In organizzazioni non strutturate o poco strutturate, la leadership è “Abdicated”, si osserva una mancanza di responsabilità da parte dei leader, che evitano di prendere decisioni.
  • In presenza di maggiore maturità organizzativa, la leadership diventa più attiva e responsabile nel guidare il cambiamento e nel prendersi cura del benessere delle persone e dell’organizzazione.
  • In organizzazioni ad elevata maturità organizzativa, leader guidati da uno scopo elevato (“Purpose-Driven/Altruistic”), dimostrano una forte responsabilità verso l’intera organizzazione e il suo valore.

La responsabilità nei ruoli di leadership formali

Anche se la leadership non è confinata ai soli ruoli gerarchici, le figure con responsabilità formali, come i manager, hanno un ruolo cruciale nel dimostrare leadership attraverso la responsabilità per i risultati e per il seguito concreto che viene dato alle iniziative di miglioramento. Una delle situazioni spesso osservate è che i manager percepiscono il loro ruolo come quello di ‘massimizzare l’utilizzo delle persone per tenerle occupate’, piuttosto che concentrarsi sui risultati e sulla soddisfazione del cliente. Per questo agiscono come semplici ‘assegnatori di compiti’, senza assumersi la responsabilità di comprendere le dinamiche del business e del flusso di lavoro e di guidarne il miglioramento continuo.

L’introduzione di ruoli specifici come il Flow Manager e il Delivery Manager in un sistema Kanban sottolinea ulteriormente l’importanza di definire e assegnare precise responsabilità per supportare il flusso di lavoro e la maturità organizzativa.

Guidare con i valori: un atto di responsabilità etica

Per sviluppare una leadership efficace e responsabile, è anche fondamentale guidare con i valori. I leader hanno la responsabilità di introdurre i giusti valori culturali all’interno dell’organizzazione e di agire come esempio, promuovendo comportamenti allineati a tali valori. Questa responsabilità etica è cruciale per costruire una cultura di fiducia e per garantire che la leadership sia orientata al bene comune dell’organizzazione.

Conclusione

In sintesi, la leadership nel metodo Kanban è intrinsecamente legata alla responsabilità. Essere un leader significa agire, prendere iniziativa e, di conseguenza, assumersi la responsabilità delle proprie azioni e dei risultati collettivi. Una cultura che promuove la leadership a tutti i livelli è una cultura che incoraggia la responsabilità individuale e collettiva.

La maturità della leadership, che si sviluppa di pari passo con la capacità di assumersi responsabilità sempre maggiori, è un fattore determinante per la crescita e il successo di un’organizzazione che adotta il metodo Kanban. Coltivare leader responsabili, a ogni livello, è quindi un investimento essenziale per un cambiamento evolutivo efficace e duraturo. Senza tale investimento, le organizzazioni rischiano di rimanere bloccate, dipendenti da pochi individui e incapaci di affrontare le sfide in modo resiliente.

Guidare il cambiamento evolutivo: la leadership nei sistemi Kanban

Ho già accennato in un precedente articolo come siano necessari un senso e uno scopo condiviso per alimentare la leadership in un team. In questo articolo analizzo meglio l’importanza della leadeship per un sistema Kanban e per l’evoluzione della maturità di un’organizzazione.

Il Metodo Kanban si basa su un approccio evolutivo al cambiamento, privilegiando miglioramenti incrementali rispetto a trasformazioni drastiche. In questo contesto, la leadership svolge un ruolo cruciale nel catalizzare e sostenere l’evoluzione di un sistema Kanban e nel raggiungimento di livelli superiori di maturità organizzativa definiti dal Kanban Maturity Model (KMM).

Cambiamento incrementale e il ruolo della leadership

Il Metodo Kanban promuove un cambiamento incrementale evolutivo partendo dell’equilibrio attuale e introducendo modifiche gradualmente. A differenza di molti approcci di gestione del cambiamento che utilizzano momenti di rottura o cambiamenti drastici, Kanban considera questi come un’ultima risorsa, da utilizzare solo in casi estremi.

Guidare il cambiamento in periodi di equilibrio è più complesso e richiede che le persone riconoscano i problemi e abbiano una motivazione al cambiamento. In questo scenario, la leadership è essenziale per fornire lo stimolo necessario all’azione. Il modello di cambiamento evolutivo di Kanban si basa su tre elementi principali: uno stressor, un meccanismo di riflessione e un atto di leadership.

  • Lo stressor rende visibili le tensioni o i problemi presenti nel contesto lavorativo, e l’insoddisfazione che provoca diventa la miccia che accende il desiderio di cambiamento.
  • Il meccanismo di riflessione, come la visualizzazione condivisa della kanban board e delle metriche durante il Kanban Meeting quotidiano, offre un modo per articolare e riflettere sullo stressor. Le cadenze Kanban, come il Kanban Meeting, il Replenishment Meeting e la Service Delivery Review, costituiscono meccanismi di riflessione codificati.
  • L’atto di leadership fornisce lo stimolo per catalizzare la conversazione e l’azione che ne conseguono. Senza la leadership, si genera inerzia, ovvero frustrazione senza un catalizzatore per il cambiamento.

Valorizzare gli atti di leadership

Nel Metodo Kanban, gli atti di leadership sono un valore esplicito. Se la leadership non viene valorizzata e incoraggiata, è probabile che se ne manifesti poca. La leadership è un ingrediente fondamentale per il cambiamento evolutivo. Poiché gli atti di leadership comportano un rischio personale per l’individuo, è necessario favorire la ‘sicurezza psicologica’ (ovvero la certezza di potersi esprimere liberamente nell’ambiente di lavoro, senza rischiare conseguenze negative) e incoraggiare l’assunzione di rischi rendendo gli atti di leadership un valore esplicito.

Evoluzione della leadership attraverso i livelli di maturità dell’organizzazione

La comprensione e l’applicazione della leadership evolvono con i livelli di maturità dell’organizzazione secondo il KMM:

  • A livello di maturità 1 – Team-Focused (Orientato al Team), si valorizza la capacità di prendere iniziativa.
  • livello di maturità 2 – Customer-Driven (Orientato al Cliente), la capacità di prendere iniziativa si approfondisce nella valorizzazione degli atti di leadership, riconoscendo che la leadership comporta rischi personali e incoraggiando gli altri ad agire attraverso l’esempio, l’ispirazione o la direzione.
  • livello di maturità 3 – Fit-for-Purpose (Adatto allo Scopo), si riconosce che la leadership proveniente solo dal vertice causa ritardi e che i leader ai livelli superiori non sono sempre nella posizione migliore per conoscere le necessità o vedere il bisogno di azione ai livelli inferiori. Si incoraggia e ci si aspetta la leadership a tutti i livelli, e i leader più senior devono fornire la fiducia e la tolleranza agli errori necessarie per incoraggiare l’assunzione di rischi.
  • livello di maturità 4 – Risk-Hedged (Con Copertura del Rischio), si passa allo sviluppo vero e proprio della leadership, riconoscendo che le capacità di leadership non sono innate ma apprese attraverso l’esperienza, i modelli di ruolo e il mentoring.

Superare le barriere all’adozione con la leadership

Diverse barriere possono ostacolare una piena adozione di Kanban e il raggiungimento di livelli di maturità più elevati. La leadership gioca un ruolo cruciale nel mitigare queste barriere.

  • La mancanza di leadership e la mancanza di unità e allineamento dietro un senso e uno scopo impediscono all’organizzazione di raggiungere il livello di maturità 3 o superiori. I leader devono comunicare chiaramente gli obiettivi, focalizzandosi sul servizio al cliente.
  • La mancanza di comprensione del contesto può essere affrontata con la visualizzazione e le metriche, ma la leadership è necessaria per interpretare e agire in base a queste informazioni.
  • La mancanza di fiducia può essere superata definendo politiche esplicite, che a loro volta sono guidate dalla leadership.
  • La mancanza di pensiero sistemico, quando l’organizzazione è ancora a un livello di maturità iniziale, può rallentare l’evoluzione. Serve una leadership in grado di favorire una visione integrata dei servizi, riconoscendone l’interdipendenza.
  • Anche il ruolo del coaching stesso può diventare una barriera se i coach non si concentrano sui risultati organizzativi osservabili nei livelli di maturità e non incoraggiano l’indipendenza e l’autosufficienza dell’organizzazione. La leadership dovrebbe guidare lo sviluppo delle capacità interne piuttosto che creare dipendenza dal coach stesso.

Il ruolo dei coach Kanban

I coach Kanban agiscono come se fossero degli ‘allenatori sportivi’ per l’organizzazione, utilizzando il modello del KMM come riferimento per sviluppare la maturità organizzativa e la resilienza aziendale. Essi supportano lo sviluppo della leadership a tutti i livelli, aiutando i leader aziendali a guidare con le indicazioni, l’esempio, l’ispirazione e, quando necessario, anche dando disposizioni.

Conclusione

L’evoluzione di un sistema Kanban richiede una leadership distribuita e orientata al servizio, che valorizzi il cambiamento incrementale, incoraggi gli atti di leadership a tutti i livelli e si adatti alle diverse fasi di maturità dell’organizzazione. I leader in un contesto Kanban non sono solo coloro che dettano la direzione, ma anche coloro che creano le condizioni affinché il cambiamento emerga in modo organico, superando le resistenze e costruendo una cultura di miglioramento continuo e resilienza. Il modello di maturità fornisce una guida per comprendere come la leadership debba evolvere di pari passo con la maturità dell’organizzazione, garantendo un percorso di crescita sostenibile e focalizzato sul valore per il cliente e per l’organizzazione stessa.

Le tre obiezioni che sento sempre quando propongo Kanban (e perché si possono superare)

Ogni volta che parlo di Kanban succede una cosa prevedibile quanto il traffico il lunedì mattina: arrivano le obiezioni.
Non sempre le stesse parole, ma quasi sempre gli stessi concetti.
E va benissimo così: sono obiezioni legittime, sensate… e anche superabili.

Anzi, col tempo ho imparato a vederle come un passaggio naturale: non sono ostacoli, ma porte che si aprono con le giuste chiavi.
In questo articolo condivido le tre più ricorrenti — e qualche spunto per affrontarle con più leggerezza (e un po’ di Kanban).

1. “Kanban può funzionare altrove, ma non nella nostra organizzazione…”

(Piccola, grande, media — a scelta.)

Questa è la classica obiezione da zona di comfort. Se l’organizzazione è piccola: “Siamo troppo piccoli per strutturarci.”
Se è grande: “Siamo troppo complessi per queste cose da startup agile.”
Insomma, qualsiasi dimensione è perfetta per non mettersi in gioco.

La verità?
Kanban non è un vestito taglia unica: è una maglia elastica.
Funziona perché si adatta. Puoi iniziare in piccolo, anche solo gestendo il lavoro di un unico flusso. Non serve ristrutturare l’organizzazione, basta iniziare a rendere visibile e gestire ciò che prima era invisibile: il caos.

Se Kanban “funziona solo per gli altri”, chiediti:
quali abitudini stai difendendo mascherandole da unicità?

2. “Non abbiamo tempo per cambiare. Lo faremo quando saremo più tranquilli.”

Ecco un paradosso interessante:
non si ha tempo di cambiare perché si è troppo occupati a gestire… il disordine che Kanban aiuterebbe a ridurre.

Dire che adotterai Kanban quando avrai più tempo è come dire che inizierai a risparmiare quando sarai ricco.
Spoiler: quel momento non arriva mai.

Kanban è pensato per essere introdotto senza fermare nulla. Non richiede un progetto titanico: puoi iniziare domani con tre colonne su una lavagna e alcuni post-it di colori e dimensioni diversi.
È un metodo evolutivo, non rivoluzionario.
Aspettare il “momento giusto” è solo un modo elegante per dire: “Non sono sicuro di volerlo fare davvero.”
Ma possiamo parlarne e iniziare a fare qualcosa insieme.

3. “Il nostro lavoro è troppo imprevedibile. Non è standardizzabile.”

Perfetto. Proprio per questo Kanban è quello che vi serve.

Kanban non serve a standardizzare il contenuto del lavoro, ma il modo in cui lo si gestisce.
È pensato per fare ordine nei flussi di lavoro imprevedibili, dinamici, dove il cambiamento è la norma.
Non ti chiede di prevedere il futuro, ma di rispondere meglio al presente.

Dire “il nostro lavoro è troppo caotico per Kanban” è come dire “la nostra casa è troppo disordinata per usare un armadio.”
Appunto.

In conclusione

Se ti sei ritrovato in una di queste obiezioni, Kanban non è il problema.
Forse il problema è che il cambiamento fa un po’ paura, e ci stiamo aggrappando al caos che conosciamo, invece di esplorare un ordine che ci renderebbe davvero più liberi.

Il punto non è “fare Kanban”.
Il punto è smettere di sopravvivere e cominciare a lavorare meglio.

E per questo, il momento giusto è adesso.
Anzi, era ieri.

Contro la mentalità vittimistica: come avere uno scopo alimenta la leadership

In un mio precedente articolo (che potete rileggere qui), parlando di rischi operativi, ho evidenziato un comportamento piuttosto comune in ambienti a bassa maturità organizzativa: la presunta complessità del contesto viene spesso usata come scusa per giustificare le proprie prestazioni inadeguate.

In questi contesti, le difficoltà esterne sono invocate come cause uniche del caos organizzativo, mentre si evita di riconoscere le responsabilità interne, sia individuali che sistemiche. Questo porta alla cosiddetta abdicazione della leadership, che alimenta una mentalità vittimistica e passiva nel team.

Ma come si costruisce un ambiente di lavoro che responsabilizza, invece di deresponsabilizzare? Come si promuove un contesto in cui ognuno si sente autorizzato ad agire da leader?

Uno degli strumenti concreti più efficaci in questo senso è la definizione e la condivisione di uno scopo (purpose) chiaro, che ispiri e orienti l’azione.

Immagine generata da DALL-E

Leadership a tutti i livelli: un principio fondamentale

Uno dei quattro principi base del metodo Kanban afferma:

“Incoraggia atti di leadership a tutti i livelli.”

Significa abilitare ogni individuo – non solo i manager – a migliorare attivamente il sistema. Ma affinché ciò accada, serve più di un metodo visuale o una board Kanban: serve senso. E il senso si costruisce a partire da uno scopo condiviso.

Lo scopo – ‘purpose’ – nel Kanban Maturity Model

Nel Kanban Maturity Model (KMM), lo scopo è visto come una leva culturale fondamentale per l’evoluzione organizzativa, soprattutto a partire dal livello 3 (Fit-for-Purpose) in su.
A questo stadio di maturità:

  • l’organizzazione riconosce che non tutto è fuori controllo;
  • inizia a discernere tra variabilità sistemica e problemi di metodo;
  • definisce uno scopo che guida il comportamento, orienta le decisioni e responsabilizza.

Nei livelli di maturità più alti (4 e 5), questo scopo viene interiorizzato a livello di cultura organizzativa: diventa parte del DNA del team.

Esempio pratico: uno scopo che guida le azioni

Prendiamo un team di informatici che sviluppa un’app per la gestione finanziaria personale. Iniziano a usare Kanban per migliorare il flusso, ma si accorgono che senza un orientamento chiaro, le decisioni restano frammentate. Decidono allora di formulare insieme uno scopo condiviso:

“Aiutiamo le persone a sentirsi sicure e in controllo delle proprie finanze attraverso soluzioni semplici, affidabili e accessibili.”

Questo scopo viene:

  • reso visibile sulla Kanban board;
  • usato come criterio per dare priorità;
  • richiamato nei momenti di review e miglioramento.

Risultato?

  • Un designer propone una nuova funzione utile non richiesta dal backlog.
  • Uno sviluppatore junior evidenzia un rischio sulla fiducia dell’utente.
  • Il team rifiuta collettivamente una richiesta del marketing che va contro il purpose.

Tutti questi sono atti di leadership distribuita, resi possibili dallo scopo.

Conclusione: lo scopo come antidoto alla mentalità vittimistica

Uno scopo chiaro è molto più di una dichiarazione d’intenti: è una fonte di libertà e responsabilità.
È lo strumento con cui un’organizzazione può contrastare la mentalità vittimistica, valorizzare il contributo individuale e coltivare una cultura in cui tutti si sentono parte attiva del miglioramento.

Nel linguaggio del KMM, questo è ciò che distingue i sistemi maturi da quelli che abdicano: non è la complessità esterna a fare la differenza, ma la chiarezza interna sul perché si fa ciò che si fa.

Il metodo Kanban come leva strategica per la gestione dei servizi legali

Il settore dei servizi legali sta attraversando una trasformazione accelerata e complessa, caratterizzata dalla globalizzazione, dalle tecnologie dirompenti e dalla digitalizzazione dei servizi basati sulla conoscenza. Questa evoluzione ha portato nuovi attori sul mercato, dalle soluzioni legaltech ai fornitori di servizi legali alternativi, creando un mercato molto più articolato e competitivo. I clienti dei servizi legali sono diventati più maturi ed esigenti, richiedendo una maggiore comprensione delle loro attività e un allineamento dei servizi legali ai loro obiettivi aziendali, con elevata qualità, velocità e costi inferiori. Nonostante questi cambiamenti, molti professionisti legali rimangono ancorati a stili di lavoro tradizionali.

In questo scenario, l’agilità organizzativa e aziendale emerge come la soluzione. Solo gli studi legali e le organizzazioni che si adattano rapidamente, offrendo soluzioni migliori in risposta alle nuove esigenze, potranno evolvere ed essere competitivi in futuro. Ciò richiede un cambiamento nel modo di operare, a partire da una revisione critica dei valori culturali, dalle abitudini, dai modelli di interazione e cooperazione, dalla modernizzazione dei processi e da una revisione dei comportamenti che determinano il modo di lavorare.

Il metodo Kanban integra la cultura dell’accettazione del cambiamento, adattandosi ed evolvendo per un miglioramento continuo, e pone l’attenzione sulle persone e incoraggia la collaborazione. È considerato un percorso alternativo per i servizi professionali verso l’agilità aziendale, intesa come la capacità delle organizzazioni di adattarsi a nuovi contesti e rispondere rapidamente ai cambiamenti.

Kanban si basa su due semplici premesse: gestire e controllare le quantità di lavoro in corso (WIP), lasciando che i professionisti si organizzino autonomamente, e partire dal modo di lavorare attuale, adattandosi ed evolvendo gradualmente per soddisfare le aspettative dei clienti e operare in modo redditizio e sostenibile.

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Perché il metodo Kanban è adatto al settore legale?

Il metodo Kanban si adatta al settore legale per diverse ragioni, affrontando le sfide specifiche che lo caratterizzano:

  • Gestione evolutiva del cambiamento: il principio fondamentale del Kanban è “inizia da dove sei ora”. Ciò significa che l’implementazione avviene in modo evolutivo, rispettando ruoli, responsabilità e posizioni esistenti, evitando trasformazioni radicali che possono generare resistenza. Questa caratteristica è essenziale in un ambiente tradizionalmente resistente al cambiamento come quello dei servizi legali.
  • Focalizzazione sul flusso di lavoro: in un ambiente in cui tradizionalmente i professionisti, anche all’interno di una stessa organizzazione, lavorano indipendentemente e autonomamente, il metodo Kanban pone l’enfasi sulla gestione del flusso di lavoro, non delle persone. Visualizzando il flusso di lavoro attraverso una kanban board (fisica o digitale), è possibile comprendere meglio lo stato di avanzamento delle attività, identificare colli di bottiglia e dipendenze.
  • Limitazione del lavoro in corso (WIP): limitare il numero di attività in corso permette di bilanciare la domanda sul sistema, assicurando che il lavoro “fluisca” adeguatamente in base alla capacità delle persone e dei team, mantenendo un’operatività sostenibile. Questo aiuta a ridurre il sovraccarico di lavoro, una problematica comune nel settore legale a causa delle scadenze strette e dei molteplici casi gestiti contemporaneamente.
  • Miglioramento continuo: Kanban promuove una cultura di miglioramento continuo attraverso piccoli cambiamenti, dei veri e propri “esperimenti”, basati sulla verifica di ipotesi e sull’analisi dei risultati. Questo approccio iterativo permette di adattare costantemente i processi alle esigenze in evoluzione del settore e dei clienti.
  • Trasparenza: la visualizzazione del lavoro e del suo flusso migliora la trasparenza, permettendo a tutti di avere la stessa “visione” e di utilizzare un linguaggio semplice e diretto. Questo favorisce una migliore collaborazione e l’identificazione di rischi e opportunità.
  • Collaborazione: sebbene il settore legale possa essere caratterizzato da individualismo e competizione, il Kanban promuove la collaborazione per migliorare il modo in cui le persone lavorano insieme. La visualizzazione del lavoro come un flusso di team può incentivare una maggiore unità e un approccio condiviso.
  • Definizione esplicita delle policy: Kanban richiede di concordare regole di lavoro esplicite, semplici, ben definite e riviste periodicamente, garantendo che siano seguite da tutti per standardizzare i processi e ottenere risultati migliori per il cliente.
  • Meccanismi di feedback: l’istituzione di meccanismi di feedback regolari (le cosiddette cadenze) è fondamentale per coordinare e migliorare continuamente il modo di lavorare e di fornire servizi, è il vero meccanismo di trazione di un sistema Kanban.

Vantaggi concreti per gli studi legali

L’applicazione del Metodo Kanban nel settore legale può portare a numerosi vantaggi:

  • Sostenibilità del lavoro: riduzione del sovraccarico e del multitasking, migliorando l’equilibrio tra domanda e capacità.
  • Miglioramento dell’efficienza: ottimizzazione del flusso di lavoro ed eliminazione delle attività a basso valore aggiunto.
  • Aumento della qualità: maggiore tempo per concentrarsi sui casi, riducendo errori e rilavorazioni.
  • Migliore prevedibilità: raccolta di dati sui tempi di completamento per stimare in modo più affidabile le tempistiche dei lavori.
  • Maggiore soddisfazione dei clienti: risposte più rapide e adattate alle loro esigenze.
  • Competitività: adattamento rapido ai cambiamenti del mercato e maggiore competitività.
  • Miglioramento continuo: instaurazione di una cultura orientata all’apprendimento e al perfezionamento costante.
  • Sviluppo di sistemi di lavoro basati sulla cooperazione a tutti i livelli.

L’implementazione di Kanban in studi legali in tutto il mondo sta portando a risultati misurabili, come un aumento delle attività completate per periodo, una maggiore attenzione alle attività prioritarie e una riduzione dei ritardi. Sono iniziare le prime applicazioni anche in Italia, che mi vedono coinvolto, ne parleremo su questo blog.

Conclusione

Il metodo Kanban offre un approccio pragmatico ed evolutivo per affrontare le sfide del settore legale odierno. Concentrandosi sul flusso di lavoro, limitando il lavoro in corso e promuovendo il miglioramento continuo e la trasparenza, Kanban può aiutare gli studi legali a diventare più agili, efficienti e orientati al cliente, garantendo la loro sostenibilità e successo in un mercato in continua evoluzione. La sua natura non prescrittiva e il rispetto per le strutture esistenti lo rendono uno strumento potente per guidare un cambiamento culturale graduale e ottenere benefici tangibili nella gestione delle pratiche legali.

Come funziona Kanban: prima cosa da fare, rendere stabile e prevedibile il flusso di lavoro!

Il metodo Kanban è diventato un alleato prezioso per aziende di diversi settori dei servizi, aiutando a ottimizzare il flusso di lavoro e a massimizzare l’efficienza. Ma perché la stabilità e la prevedibilità del flusso di lavoro sono così cruciali in Kanban?

La risposta risiede nella capacità di Kanban di favorire un ambiente in cui il miglioramento continuo è non solo possibile, ma anche incoraggiato. Quando il flusso di lavoro è stabile e prevedibile, l’azienda crea una base solida su cui costruire.

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Chi lo ha applicato

Pensiamo al primo esempio di implementazione Kanban, il team di manutenzione delle applicazioni XIT Sustained Engineering di Microsoft. L’adozione di Kanban ha portato a un incremento della produttività di oltre il 200%, una riduzione del lead time del 90% e un netto miglioramento nella prevedibilità.

Ma anche più vicino a noi, Doxee, un’azienda italiana di software, ha implementato un sistema Kanban che ha permesso di arrivare a gestire un carico di lavoro dieci volte superiore, raggiungendo nel contempo una prevedibilità della pianificazione superiore al 90%.

In tempi più recenti, un team di risorse umane che ha adottato Kanban è riuscito, in appena un mese, a dimezzare il lead time medio, garantendo una maggiore prevedibilità nei tempi di onboarding dei nuovi dipendenti. Nel corso di un anno, ha poi ulteriormente ridotto questo tempo di quasi il 90%.

Questi risultati impressionanti sono stati ottenuti grazie a una serie di azioni rese possibili da un flusso di lavoro gestito con Kanban:

  • Gestione efficace dei colli di bottiglia: individuare e risolvere i punti critici nel flusso di lavoro, impedendo blocchi e ritardi.
  • Eliminazione degli sprechi: identificare e rimuovere attività che non aggiungono valore al processo, liberando risorse per attività a maggior valore.
  • Riduzione della variabilità: stabilizzare i tempi di completamento delle attività, rendendo il processo più prevedibile e affidabile.

Senza un flusso di lavoro stabile, gestito attraverso il paradigma del flusso e l’approccio Kanban di limitare il WIP (Work in Progress), questi miglioramenti non sarebbero stati realizzabili.

Benefici di un flusso stabile

Ma i benefici di un flusso di lavoro stabile e prevedibile vanno ben oltre l’efficienza.

  • Soddisfazione del cliente: la capacità di fornire un lavoro di alta qualità in modo coerente aumenta la fiducia dei clienti, rafforzando la reputazione dell’azienda.
  • Minore sovraccarico del personale: bilanciare il carico di lavoro ed evitare colli di bottiglia riduce lo stress del team, migliorando il benessere e la produttività.
  • Agilità aziendale: la capacità di identificare e risolvere i problemi rapidamente rende l’azienda più flessibile e reattiva alle mutevoli esigenze del mercato.
  • Cultura del miglioramento continuo: lavorare in modo prevedibile e sostenibile stimola i team a cercare costantemente modi per migliorare i propri processi, innescando un circolo virtuoso di crescita.
  • Conformità normativa: garantire processi strutturati e misurabili aiuta a rispettare normative sempre più stringenti (es. GDPR, DORA, NIS2), migliorando la prevedibilità operativa e l’adesione agli SLA.

In conclusione, la stabilità e la prevedibilità del flusso di lavoro sono il fondamento su cui il metodo Kanban costruisce il suo successo. Un flusso stabile non è solo un mezzo per raggiungere l’efficienza, ma uno strumento per creare valore per i clienti, migliorare l’agilità aziendale e promuovere una cultura di miglioramento continuo.

Come funziona Kanban: un esercizio di empatia e costruzione della fiducia tra dirigente e consulente

In questo articolo voglio parlare di un aspetto importante per l’implementazione del metodo Kanban, che mi trovo sempre a dover gestire con la massima attenzione: il necessario esercizio di empatia e costruzione della fiducia che deve esserci tra dirigente dell’organizzazione interessata e il consulente.

Prendo spunto dall’articolo del collega Accredited Kanban Consultant Horia Balog, che immagina un primo incontro tra il consulente Ted e la dirigente Mary. L’articolo esplora il confronto tra le preoccupazioni di Mary e le intuizioni di Ted, lasciando il finale aperto e invitando i lettori a condividere la propria opinione.

Accolgo l’invito, ma prima, nel prossimo capitolo, vi presenterò un estratto dell’articolo originale (la traduzione è mia, potete trovare l’originale qui). Nel capitolo successivo, invece, condividerò la mia ipotesi su come la storia potrebbe evolversi, basandomi sulla mia esperienza.

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Le preoccupazioni di Mary e le intuizioni di Ted

Setup – Il consulente Ted entra nell’ufficio di Mary, responsabile della linea di business XYZ di una grande organizzazione finanziaria. Ted è stato raccomandato a Mary da un altro dirigente di un istituto finanziario simile nel contesto di miglioramenti aziendali che hanno portato a chiare e dimostrabili tendenze positive sul bilancio dell’organizzazione e in particolare per una linea di business simile.

I due sono seduti nell’ufficio di Mary, in un gelido lunedì mattina di inizio gennaio. Dalla finestra si vedono i grattacieli del centro e un paio di sottili colonne di fumo che punteggiano l’azzurro del cielo invernale.

“Benvenuto Ted! Il nostro comune amico Jim e io stavamo chiacchierando a margine di una conferenza in autunno e lui ha menzionato alcuni dei lavori che hai svolto per lui negli ultimi due anni. È stato interessante notare che l’approccio utilizzato è molto diverso dalla norma. Ma lui è stato molto categorico nel dire che ha fatto la differenza!”.

Ted raccoglie lo spunto. “Jim è così gentile, devo ringraziarlo! Abbiamo fatto un buon lavoro insieme e abbiamo sicuramente fatto la differenza per la sua organizzazione. Non è stato né facile né veloce, ma con la pazienza e l’attenzione che ci sono state date, abbiamo ottenuto risultati”.

Mary era poco convinta e molto preoccupata. “Non sono sicura che funzionerebbe per noi. C’è così tanto lavoro e non abbiamo tempo, essenzialmente. Ci sono diversi progetti che hanno superato diverse scadenze e, naturalmente, hanno superato il budget. E la pazienza della nostra leadership si sta davvero esaurendo. Abbiamo bisogno di risultati immediati”.

“Beh, lasciami cercare di capire il problema in questione” interviene Ted. “Immagino che abbiate progetti per creare flussi di entrate, lanciare nuovi prodotti, acquisire nuovi segmenti di clienti, risolvere i problemi dei clienti. E poi ci sono anche le consegne legate alle normative e alla conformità che arrivano senza un preavviso sufficiente per permettervi di pianificarle adeguatamente. E queste mettono seriamente in crisi i vostri piani. E poi, ogni volta che i partner del reparto tecnico hanno la possibilità di consegnare il lavoro, tirano fuori i progetti della piattaforma di gestione della valuta che sono in ritardo. E hanno difficoltà a fornire prove dei benefici aziendali di questo lavoro. Come sto andando finora?”.

Mary esita per 2 secondi. Fa fatica a nascondere la sua sorpresa per queste intuizioni. Come fa a saperlo? Con chi ha parlato nell’organizzazione? Perché le persone parlano di questi problemi con persone estranee?

“Beh, non proprio. I nostri partner tecnici e il CIO ci tengono aggiornati sui loro piani per la piattaforma valutaria e, a parte piccoli ritardi e aggiustamenti, sono puntuali con la maggior parte delle loro consegne. Ho visto la loro roadmap e sembra ottima!”.

“E la nostra roadmap strategica aziendale è solida. Il nostro ufficio di gestione dei progetti la gestisce da vicino e la rivede regolarmente”.

A questo punto, la scena è pronta perché Ted possa raccomandare alcuni primi passi specifici.

“È fantastico! Una cosa che abbiamo messo a punto con Jim è stato un metodo consolidato e visivo per allineare e dare priorità a diversi tipi di attività senza sovraccaricare il reparto tecnico. Abbiamo lavorato su due aspetti complementari. Il primo è stato quello di visualizzare tutto il lavoro richiesto da più fonti: strategica di business, gestione della valuta e debito tecnico, normativa e compliance. Il secondo è stato quello di migliorare la comprensione della capacità realistica di consegna per il reparto tecnico. Li abbiamo messi in grado di gestire il loro carico di lavoro e di raggiungere una situazione in cui possono realisticamente impegnarsi e mantenere i loro impegni nonostante le complessità che stanno affrontando”.

“Per quanto riguarda il primo punto, abbiamo creato meccanismi specifici per supportare sia le iniziative aziendali ad alto valore sia i requisiti normativi a scadenza rigida degli enti normativi interni e di mercato. Quindi le priorità sono state determinate in modi diversi e specifici a seconda del contesto”.

“Per quanto riguarda il secondo punto, pur mantenendo le metriche e le misurazioni di consegna preesistenti, le abbiamo integrate con altre che hanno permesso all’organizzazione di gestire meglio le variazioni di dimensione dei lavori, la loro urgenza e le inevitabili dipendenze che si verificano durante la consegna. Ad esempio, abbiamo definito accordi sui livelli di servizio tra i team di progetto e l’organizzazione IT, l’organizzazione di supporto all’infrastruttura tecnica e i gruppi business che supportano il lancio di nuove funzioni e funzionalità. Questo ha aumentato la trasparenza e il livello di prevedibilità della consegna”.

Gli occhi di Mary cominciavano a velarsi. “Qui non funzionerà mai. Abbiamo aspettative molto specifiche da parte della nostra leadership aziendale e il nostro gruppo di conformità non perdona. E i gruppi tecnici sono sovraccarichi di lavoro per le consegne, quindi non saranno interessati a processi aggiuntivi, metriche, ecc. È troppo sofisticato: abbiamo bisogno di qualcosa di semplice che funzioni per noi il prima possibile”.

Imperturbabile, Ted fece marcia indietro. “Capisco il suo punto di vista. Che ne dici di iniziare a capire i processi in atto in ogni parte dell’organizzazione e di introdurre, all’inizio, un numero di cambiamenti sufficiente per apportare subito dei miglioramenti. Poi possiamo aiutarli a far evolvere il loro sistema di lavoro nel tempo. Ecco perché questo richiede tempo e non può essere fatto da un giorno all’altro. Soprattutto perché non c’è nulla che si possa comprare e installare per migliorare la situazione”.

Mary non è ancora convinta… “Beh, in teoria ha senso…”.

Ted ha colpito nel segno. “Ecco come ha funzionato per Jim. Ha fatto in modo che la sua leadership e la sua organizzazione si convincessero della visione a medio e lungo termine e ha continuato a concentrarsi sui primi risultati. Questo ha dato slancio e ha permesso all’organizzazione di evolversi e di ottenere sempre più vantaggi”.

“So che avete problemi e vincoli diversi, ma ci sono le condizioni perché questo approccio funzioni. Ogni volta. Non vedo l’ora di avere l’opportunità di dimostrarlo anche nella vostra organizzazione, naturalmente!”.

Si organizzano per un seguito e si scambiano alcuni convenevoli all’uscita.

Ora, l’esito della storia è un’ipotesi da fare tutti insieme. Mary ha deciso di coinvolgere Ted, nonostante i rischi percepiti e la mancata corrispondenza tra la novità di queste pratiche e le pressioni e i vincoli presenti nell’organizzazione? Ha mantenuto la posizione iniziale e ha ignorato la proposta di valore sul tavolo? Hanno trovato un modo per continuare la conversazione, anche se rinviando per ora l’impegno a iniziare questo lavoro?

Lascio a voi, lettori, la decisione…

Concludo con un elenco incompleto di conclusioni rilevanti in questo contesto:

– I principi funzionano sempre se adattati al contesto.

– Per ottenere risultati diversi è necessario un cambiamento reale.

– È normale resistere al cambiamento – ci sono studi e statistiche che dimostrano che la stragrande maggioranza di noi è a favore di una sorta di status quo -, eppure bisogna lavorarci sopra.

Non vedo l’ora di sentire i vostri pensieri!

Implementare Kanban per la trasformazione aziendale

Dopo il primo incontro con Ted, Mary ha continuato a riflettere sulle sue parole. La pressione della leadership, le scadenze stringenti e l’apparente rigidità dei processi in essere sembravano ostacoli insormontabili. Tuttavia, l’approccio pragmatico e incrementale proposto da Ted suscitava in lei una certa curiosità. Decise di non chiudere subito la porta e accettò di organizzare un secondo incontro con Ted e alcuni membri chiave del suo team.

Fase 1: visualizzare il lavoro

Nel secondo incontro, Ted propose un esercizio semplice ma potente: visualizzare tutto il lavoro in corso. Creò una lavagna Kanban con tre colonne principali: da fare, in corso e fatto. I membri del team iniziarono a elencare tutte le iniziative attuali, separandole per tipologia:

  • Nuovi prodotti e segmenti di mercato
  • Conformità normativa
  • Manutenzione e aggiornamenti tecnici
  • Supporto operativo

Il risultato fu illuminante. Il team si rese conto che molte attività erano in corso senza una chiara priorità, creando un sovraccarico su più fronti. Inoltre, alcuni compiti critici erano bloccati a causa di dipendenze non esplicitate.

Fase 2: limitare il lavoro in corso

Ted suggerì di introdurre un concetto chiave di Kanban: il limite al Work in Progress (WIP). Invece di lavorare su tutto contemporaneamente, il team avrebbe dovuto focalizzarsi su un numero limitato di attività, completandole prima di iniziarne di nuove. Mary inizialmente esitò, temendo un rallentamento dei progetti, ma dopo un test di due settimane, i primi benefici divennero evidenti: il team riusciva a completare più attività in meno tempo e con maggiore qualità.

Fase 3: gestire il flusso e migliorare la trasparenza

Una volta stabiliti i limiti di WIP, il team di Mary iniziò a monitorare il flusso di lavoro. Ted introdusse metriche semplici come il Lead Time (tempo totale per completare un’attività) e il Cycle Time (tempo trascorso nelle colonne “In corso” a “Fatto”). Con questi dati, il team individuò i colli di bottiglia, come la dipendenza eccessiva dall’IT per il rilascio di nuove funzionalità.

Parallelamente, la leadership aziendale iniziò ad apprezzare la maggiore visibilità sui progressi, riducendo la pressione sulle scadenze e permettendo decisioni più informate sulle priorità.

Fase 4: adattarsi e crescere

Dopo tre mesi di sperimentazione, i risultati furono chiari e misurabili:

  • La prevedibilità delle consegne migliorò del 30%
  • I tempi di rilascio si ridussero del 25%
  • La collaborazione tra business e reparto tecnico divenne più fluida

Mary, che inizialmente era scettica, divenne una sostenitrice del metodo. Non solo il team lavorava meglio e con meno pressione, ma anche la leadership aziendale aveva una visione più chiara dei progressi e delle sfide da affrontare.

Conclusione

L’implementazione di Kanban non è stata una rivoluzione immediata, ma un’evoluzione costante. Attraverso piccoli passi, Mary e il suo team hanno trasformato il loro approccio alla gestione del lavoro, ottenendo maggiore efficienza e soddisfazione. La storia di Mary dimostra che il cambiamento è possibile, anche in condizioni difficili, a patto di affrontarlo con metodo, pragmatismo e una mentalità aperta.

Come avrebbe detto Ted: “Ogni trasformazione inizia con un primo passo. Il segreto è non fermarsi mai di fronte agli ostacoli”.

Come funziona Kanban: STATIK, un approccio strategico per ottimizzare il flusso di lavoro

L’analisi STATIK (Systems Thinking Approach to Introducing Kanban) è un metodo strutturato per introdurre Kanban in un’organizzazione, garantendo un flusso di lavoro efficiente e ottimizzato. Il suo valore risiede nella capacità di analizzare il sistema esistente, comprendere la domanda di lavoro, identificare i colli di bottiglia e progettare un sistema ‘pull’ su misura per le esigenze del team. Attraverso un approccio basato sul pensiero sistemico, STATIK aiuta le aziende a migliorare la gestione del lavoro, aumentare la trasparenza e favorire un’evoluzione sostenibile dei processi operativi.

Per aiutarvi a comprenderne meglio le dinamiche, ho tradotto un’interessante guida scritta da due colleghi brasiliani – Cleiton “Caco” Mafra e Lucas Guimarães – i quali hanno anche creato uno strumento visuale che utilizzo tantissimo, lo STATIK Canvas.

Se conoscete la lingua portoghese e volete leggere il post originale, lo trovate qui. Di seguito invece la mia traduzione in italiano.

STATIK Canvas – La migliore guida pratica per iniziare a lavorare con Kanban

Sebbene molte persone abbiano già avuto contatti con STATIK nei corsi di formazione, ci rendiamo conto che la maggior parte di loro ha dubbi su come applicare questo approccio nella pratica.

Questa difficoltà è diventata più evidente nel dicembre 2020, quando Lucas Guimarães ha creato lo STATIK Canvas e lo ha pubblicato sul suo profilo Linkedin con l’obiettivo di aiutare la comunità a introdurre il metodo Kanban in modo più visivo e pratico. Ci sono stati molti commenti con domande, diversi messaggi ed è allora che a noi (Lucas e Caco) è venuta l’idea di scrivere un post per spiegare il metodo passo dopo passo in modo dettagliato e con consigli pratici, in modo che possiate usarlo come guida pratica e definitiva a STATIK.

Lucas e io abbiamo deciso di pubblicare STATIK Canvas Playbook – La guida per avviare il miglioramento continuo con Kanban. Il playbook è un modo semplificato e diretto di applicare STATIK, utilizzando lo STATIK Canvas per comprendere e diagnosticare la situazione attuale della vostra azienda, area, prodotto o servizio che volete migliorare.

Questi sono consigli pratici per aiutarvi a ottenere il massimo da STATIK Canvas.

Continuate a leggere e scoprite come applicarlo: tutto è spiegato passo dopo passo.

Che cos’è STATIK?

STATIK è l’acronimo di “System Thinking Approach To Introduce Kanban”.

STATIK è un approccio esplorativo per iniziare a introdurre Kanban nella vostra organizzazione.

È un metodo che fornisce le basi per esaminare il prodotto/servizio in modo sistemico e individuare i primi passi da compiere con il metodo Kanban per iniziare a dare una risposta ai fattori di insoddisfazione esistenti.

Sebbene il metodo preveda 8 fasi raccomandate, STATIK non è un modello prescrittivo e la sua serie di fasi non è sequenziale. Il metodo può essere applicato in vari modi e in organizzazioni di qualsiasi tipo e dimensione.

Queste sono le 8 fasi suggerite per l’analisi di ogni prodotto/servizio:

  • Fase 1: capire cosa rende ogni servizio adatto allo scopo del cliente
  • Fase 2: capire la fonte di insoddisfazione del processo attuale
  • Fase 3: analizzare la domanda
  • Fase 4: analizzare la capacità
  • Fase 5: modellare il flusso di lavoro
  • Passo 6: individuare le classi di servizio
  • Fase 7: progettare il sistema Kanban
  • Fase 8: socializzare (condividere) il sistema e negoziarne l’implementazione

Nell’ottica di semplificare l’approccio STATIK, il Canvas si propone di fornire maggiore chiarezza su cosa trattare in ogni fase e di rendere il percorso più semplice, soprattutto per coloro che iniziano a lavorare con Kanban per la prima volta. Questo è un articolo pratico da utilizzare come fonte di riferimento e, in quest’ottica, divideremo l’articolo in 2 argomenti principali:

  • 4 errori comuni e come evitarli – 4 consigli pratici
  • STATIK Canvas – Consigli dettagliati su come applicare l’approccio nella pratica

4 errori comuni e come evitarli

Poiché lo scopo principale di questo articolo è quello di darvi consigli pratici sui primi passi da compiere con il metodo e di mostrarvi alcune scorciatoie per evitare di bloccarvi o di commettere errori comuni fin dall’inizio, iniziamo con 4 consigli pratici che vi aiuteranno a partire con il piede giusto.

  1. Pensare che STATIK sia necessariamente da fare in un workshop.
  2. Considerare STATIK come una checklist.
  3. Cercare di essere quello che ne sa più degli altri.
  4. Perdersi nei dettagli invece di cercare di identificare gli schemi di funzionamento generali.

1 – Pensare che STATIK sia necessariamente da fare in un workshop

Il primo consiglio pratico su STATIK è forse la domanda che ci sentiamo rivolgere più spesso: “Devo fare un workshop per utilizzare STATIK?”. La nostra risposta a questa domanda è decisamente NO.

In realtà, non esiste una prescrizione per l’esecuzione di STATIK. Il metodo fornisce in generale un approccio per comprendere alcuni aspetti del vostro prodotto/servizio, simile a una diagnosi, ma il modo in cui lo fate dipende da voi. Cercate di fare ciò che è più sensato in quel momento.

A livello più pratico, forse in alcuni scenari, per motivi di programmazione o di disponibilità, è improbabile che si riesca a mobilitare le persone per partecipare a un workshop, oppure semplicemente non si vuole creare resistenza a ciò che si sta facendo in quel momento e si preferisce comprendere lo scenario agendo in modo più discreto.

In questo caso, non c’è bisogno di forzare un workshop o una lunga riunione per far funzionare STATIK. Un approccio è quello di parlare semplicemente con le persone in modo informale, cercare di capire alcuni aspetti del loro prodotto/servizio e prendere nota degli aspetti più importanti.

Forse invece vi trovate in uno scenario in cui le persone non sono allineate tra loro rispetto alle fonti di insoddisfazione, allo scopo del prodotto/servizio, al flusso della domanda e ad altri aspetti trattati in STATIK, oppure volete coinvolgere le persone nel processo di cambiamento e utilizzare questo momento come punto di partenza. In questi casi, potrebbe essere una strategia migliore programmare una riunione o un workshop con tutte le persone coinvolte per promuovere l’allineamento e una comprensione comune dello scenario.

In sostanza, se fare STATIK sotto forma di workshop o in modo più discreto coinvolgendo le persone individualmente, dipende da voi. Non c’è nessuna prescrizione che dica che dovete farlo in un modo o nell’altro.

Suggerimento pratico:

Concentratevi sul risultato che volete ottenere con il processo. Assicuratevi che, indipendentemente dal formato, il risultato finale di STATIK sia una visione sistemica del vostro prodotto/servizio e un punto di partenza per un cambiamento evolutivo.

2 – Considerare STATIK come una checklist

Un errore comune tra coloro che lo utilizzano per la prima volta è quello di legger alcuni dei contenuti di STATIK, annotare gli 8 passi e volerli seguire alla lettera. Spesso si vuole fare tutti i passi in una volta sola – e ci si sente addirittura frustrati se non si riesce a fare tutto subito – per cui si fanno le cose in modo forzato, semplicemente per soddisfare tutti i passi dell”elenco’.

Come abbiamo detto all’inizio di questo articolo, STATIK è un approccio che aiuta a comprendere meglio lo scenario attuale.

Sebbene contenga 8 fasi esplicite, STATIK non è una ricetta per l’implementazione di Kanban e non richiede di utilizzare tutte le fasi nella vostra applicazione, né di eseguirle in una sequenza specifica.

La vera necessità di comprendere lo scenario prima di iniziare qualsiasi cambiamento è quella di poter iniziare il cambiamento in modo più assertivo e generare la minor resistenza possibile. Quindi iniziate in modo semplice.

Spesso il fatto che si cerchi di forzare la comprensione di molte cose che non sono ancora chiare nemmeno alle persone coinvolte può generare una resistenza iniziale.

In alcuni casi, la sola comprensione di 4 o 5 aspetti del vostro prodotto/servizio è sufficiente a darvi una visione d’insieme della vostra situazione e una base per iniziare a evolvere, senza che dobbiate seguire con precisione tutte le 8 fasi.

Suggerimento pratico:

Prendete le cose con calma e uscite dalla modalità automatica. Nulla in Kanban è una passeggiata; prima di qualsiasi applicazione pratica è necessario considerare il suo contesto.

3 – Cercare di essere quello che ne sa più degli altri

Un errore comune di chi inizia a lavorare con STATIK è quello di non volersi limitare a comprendere il processo, le insoddisfazioni e altri aspetti del prodotto/servizio, ma di cercare di correggere ciascuno di questi aspetti.

Come abbiamo detto più volte nel corso di questo articolo, STATIK è un approccio per generare COMPRENSIONE.

Se iniziate a correggere il processo e a cercare di implementare i cambiamenti fin dall’inizio, inizierete ad affrontare la resistenza delle persone fin dall’inizio.

“Ah, ma perché dovrei mai generare resistenza nelle persone se sto cercando di aiutare?”.

Mettiamoci quindi nei panni di queste persone. Immaginate di avere un vostro processo e un modo di fare le cose al lavoro, e all’improvviso arriva un estraneo e vi dice che vuole capire il vostro processo per aiutarvi a migliorare, ma prima di capire come funzionano le cose, inizia a fare varie correzioni, a mettere in discussione e a dare giudizi su tutto quello che sta succedendo. Come vi sentireste?

Prima che, proprio nella fase di comprensione, cerchiate di correggere il processo, dicendo che le persone stanno sbagliando tutto e che voi avete le risposte su come dovrebbero essere fatte le cose, ricordate che, se lo fate, da quel momento in poi tutti vi vedranno come l’ennesimo ‘fenomeno’ che, invece di aiutare le persone a evolvere rispetto ai problemi che hanno oggi, si preoccupa unicamente di realizzare il processo che ha in mente.

Le cose sono come sono oggi per un motivo, cercate di capire prima di giudicare.

Suggerimento pratico:

Non progettate il processo. Limitatevi a capire lo scenario. Lasciate le modifiche per un secondo momento ed evitate di creare attriti fin dall’inizio.

4 – Perdersi nei dettagli invece di cercare di identificare gli schemi di funzionamento generali.

L’ultimo consiglio pratico di questo articolo, ma non meno importante. Alla fine dell’intero processo STATIK, una volta ottenute alcune informazioni sull’erogazione e sulla struttura del servizio, è necessario comprendere le dinamiche di tutto ciò che è stato raccolto.

Poiché in questa fase cominciano ad essere evidenti alcune carenze nel processo, cercate di mettere in relazione le cose.

Verificate quanto un fattore interferisca con l’altro, cercate di mettere in relazione l’insoddisfazione con le differenze tra capacità e domanda, o con il flusso di lavoro esistente, con il profilo delle richieste, ecc.

L’osservazione d’insieme del servizio e della relazione tra i diversi aspetti può portare a conclusioni preziose per quanto riguarda i primi passi da compiere per un eventuale cambiamento.

Suggerimento pratico:

Concentratevi sui modelli e sulle relazioni tra i diversi aspetti del vostro servizio, non limitatevi a osservare i dettagli in modo isolato. Questo vi consentirà di essere più confidenti quando introdurrete nuove pratiche o modifiche ai processi.

STATIK Canvas

Si tratta di uno strumento che facilita il processo STATIK, aiutandovi a introdurre il metodo Kanban in modo più visivo e pratico.

Il Canvas permette la conservazione di tutte le informazioni in un unico posto, facilitando il processo di visualizzazione delle informazioni in modo sistematico, dove è possibile effettuare correlazioni tra i risultati di ciascun argomento trattato nel processo STATIK.

Per semplificare gli 8 passi originali di STATIK, li abbiamo adattati ai seguenti punti:

  • Prodotto/servizio o team
  • Scopo del prodotto/servizio
  • Fonti di insoddisfazione
  • Analisi della domanda
  • Analisi della capacità
  • Classi di servizio
  • Flusso di lavoro
  • Cadenze
  • Progettare il sistema Kanban e metterlo in pratica
STATIK Canvas

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Prodotto/servizio o team

Qual è il prodotto/servizio o il team analizzato in questo processo?

Il primo passo è identificare il prodotto/servizio che verrà analizzato. Vogliamo sottolineare che STATIK si applica anche ai prodotti, perché nella letteratura Kanban si trova solo il termine “servizi”, quindi molti hanno dei dubbi. In parole povere, un prodotto/servizio è qualcosa che la vostra azienda consegna o vende al cliente.

Se avete più di un prodotto/servizio, eseguite questo processo per ciascuno di essi. L’ideale è capire e analizzare il prodotto/servizio, dal momento in cui si riceve la richiesta e si comprende il problema, fino a quando lo si consegna al cliente.

Sebbene sia ideale concentrarsi sul prodotto/servizio nel suo complesso, è anche comune iniziare a comprendere come lavora un singolo team. Se vi trovate in questo scenario, non preoccupatevi: nelle fasi successive vi daremo dei suggerimenti per non perdere la visione sistemica del servizio fino alla consegna al cliente. In questo modo, STATIK vi aiuterà a capire dove si posiziona il vostro team nel flusso complessivo e garantirà l’allineamento globale con il prodotto/servizio per guardare all’insoddisfazione da una prospettiva più ampia.

Scopo del prodotto/servizio

Qual è lo scopo del prodotto/servizio? Che cosa lo rende adatto alle finalità dei clienti? Qual è la definizione di successo del prodotto/servizio?

È molto comune che le persone abbiano difficoltà a identificare lo scopo del prodotto/servizio, spesso perché non conoscono il concetto o perché si riferisce a qualcosa di intangibile.

Il nostro consiglio è di cambiare un po’ il vocabolario e di usare alcune domande:

  • Chi è il nostro cliente? È utile concentrarsi sul cliente finale.
  • Chi è coinvolto nella fornitura di questo prodotto/servizio al cliente finale? Questo aiuta a fare un po’ di chiarezza su chi è coinvolto.
  • Perché esistono queste persone? Cosa accadrebbe al nostro cliente se il nostro prodotto/servizio non esistesse? Questo aiuta a rendere tangibile l’impatto. Se la risposta è ancora un po’ generica, si può reiterare la domanda “Perché?” fino a ottenere qualcosa di più tangibile.
  • Se ci sono ancora delle lacune, vale la pena di andare avanti e durante le fasi successive si può poi tornare indietro e integrare.

Questa fase è molto importante per comprendere l’impatto del vostro prodotto/servizio e collegarlo alle altre fasi.

Fonti di insoddisfazione

Il grande segreto è garantire un’ampia comprensione dell’intero flusso da diversi punti di vista, ciò che chiamiamo visione sistemica. Cercate di coinvolgere tutti coloro che prendono parte diretta o indiretta nella fornitura del prodotto/servizio, in modo da comprendere entrambe le parti, interna ed esterna, ed evitare il pregiudizio di concentrarsi su una sola parte.

Un allineamento parziale in questa fase può portare a un cambiamento inadeguato, con pratiche che potrebbero non risolvere le reali insoddisfazioni alla base di quel prodotto/servizio, poiché non sono state mappate diverse insoddisfazioni e non sono state ascoltate diverse persone importanti all’interno del flusso di fornitura.

Insoddisfazione interna

Dal punto di vista di coloro che sono coinvolti nella realizzazione e nell’erogazione del prodotto/servizio.

  • Team di lavoro
  • Sviluppatori
  • Persone che si occupano di prodotti e design
  • Dirigenti e/o stakeholder interni
  • Altri team coinvolti nel processo
  • Appaltatori coinvolti nella realizzazione
  • Fornitori coinvolti nella realizzazione

Insoddisfazione esterna

Dal punto di vista di coloro che ricevono il prodotto e sono influenzati dal risultato del prodotto/servizio.

  • Cliente che paga il prodotto/servizio
  • Utenti finali del prodotto/servizio
  • Persone che si occupano di assistenza e supporto al cliente (aiutano a portare la visione del cliente)
  • Soggetti interessati esterni

Il consiglio principale è quello di evitare di addentrarsi troppo nell’analisi fin dall’inizio e di trasformarla in un fiume di lamentele. Se si individuano tra 3 e 5 insoddisfazioni interne principali e tra 3 e 5 insoddisfazioni esterne principali, questo è sufficiente per andare avanti. Se ritenete che le fonti di insoddisfazione mappate contengano troppe informazioni, prendetevi il tempo di ascoltare e poi cercate di stabilire un ordine di priorità tra quelle più rilevanti.

Un altro punto importante in questa fase è assicurarsi che si stiano davvero esaminando le insoddisfazioni esterne. È molto comune avere diverse insoddisfazioni interne e solo poche esterne, soprattutto in scenari di bassa maturità. In questo caso, se una parte è molto più preponderante dell’altra, cercate di assicurarvi di coinvolgere altre persone che possano portare una visione più ampia. Se non avete accesso diretto al cliente, potete rivolgervi alle persone che ne sono in contatto per avere una visione approssimativa.

Alcune domande che possono aiutarvi a iniziare a mappare l’insoddisfazione:

  • Cosa vi preoccupa oggi quando guardiamo questo prodotto/servizio?
  • Cosa ti manca?
  • Che cosa vi viene richiesto che non potete soddisfare?
  • Ci sono dipendenze che ne rendono difficile l’esecuzione?

Se vi rendete conto che c’è ancora qualcosa di non emerso, una possibilità è quella di andare avanti e tenere d’occhio le insoddisfazioni da cogliere durante le fasi successive. È molto comune che le insoddisfazioni emergano dopo, soprattutto quando si parla di richieste e di flusso. Sentitevi liberi di tornare e di inserire altre fonti di insoddisfazione man mano che le individuate nelle fasi successive.

Dopo aver analizzato il flusso di prodotti e servizi in diverse realtà, abbiamo individuato alcune insoddisfazioni tipiche che si manifestano in modo ricorrente e che vogliamo condividere con voi per aiutarvi a individuarle, soprattutto in scenari non ancora ben esplorati.

Fonti comuni di insoddisfazione:

  • Disallineamento delle informazioni per cui un’area “dà la colpa” a un’altra, in questo caso durante la comprensione del flusso diventerà più chiara la dinamica e si potrà approfondire.
  • Consegna ritardata
  • Mancanza di collaborazione tra i team e priorità poco chiare
  • Problema di qualità o troppa rilavorazione
  • La consegna è sempre in ritardo o non avviene affatto
  • Siamo lenti e non abbiamo la velocità che speravamo di avere
  • Disallineamento tra l’azienda e il cliente in merito alle aspettative sui tempi di consegna
  • Spesso non si rispettano le scadenze o gli accordi sul livello di servizio

Ma ricordate, questo non è un “menu” di insoddisfazioni o una guida, è solo un riferimento per aiutare chi si approccia per la prima volta a identificare ed esplorare, perché spesso vengono fuori parole singole, come “Disallineamento” o “Velocità”, e si può esplorare meglio usando alcune di quelle che io chiamo domande jolly:

  • Che aspetto ha questo problema, come e dove si verifica?
  • Perché dobbiamo risolvere questo problema?
  • Come lo si risolve oggi?

Analisi della domanda

Quali richieste ci sono nel processo? Chi fa le richieste? Con quale frequenza? Qual è il volume?

Non lasciatevi trascinare dalla voglia di conoscere esattamente tutti i dettagli delle richieste; il più delle volte un’informazione approssimativa con qualche variazione è molto meglio di nessuna informazione.

In assenza di informazioni molto dettagliate, parlate con le persone che lavorano su quel flusso, con i manager e con coloro che generano la domanda per quel prodotto/servizio. Concentratevi inizialmente sulla ricerca di tutto ciò che è già in corso, di tutto ciò che è già stato pianificato e che le persone si sono già impegnate a fare e di ciò che è stato consegnato la settimana precedente, in modo da poter uscire dalla soggettività e concentrarvi su ciò che è già un dato di fatto.

Il primo passo è identificare i “Tipi di domanda”, che non è altro che identificare i tipi di lavoro che passano attraverso il flusso. Come negli esempi che seguono:

  • Progetti
  • Richieste legate alla roadmap del prodotto
  • Richieste di adeguamento normativo
  • Errori/bug
  • Incidenti
  • Debito tecnico
  • Esperimenti
  • Richieste dei clienti

Se sono difficili da identificare, iniziate a guardare l’ultima settimana, poi gli ultimi 15 giorni e se riuscite ad arrivare agli ultimi 30 giorni, è un ottimo punto di partenza.

Di seguito sono riportate alcune domande che possono aiutare a sbloccare la conversazione e a esplorare i tipi di richieste che vengono fatte:

  • Quali sono le “cose” su cui avete lavorato la scorsa settimana?
  • C’è un periodo del mese o dell’anno in cui dovete agire su qualcosa che arriva solo in quel periodo?
  • Ci sono task o richieste che arrivano con urgenza o senza alcuna pianificazione?
  • Avete delle richieste o delle cose urgenti e dovete interrompere tutto per occuparvene?
  • Le richieste provengono tutte da un unico punto o da diverse fonti/richiedenti?

Una volta identificati i principali tipi di domanda, si può cercare di raggrupparli – se sono troppi, si possono raggruppare e riunire in 6 tipi principali di domanda.

Esplorate quindi questi aspetti per ogni tipo di domanda:

Da dove viene?

  • Identificare la fonte della domanda, se interna o esterna, da quale area.

Chi la prende in carico?

  • Identificare chi la riceve e cosa fa con la domanda per valutarne le aspettative.

Frequenza di ricezione

  • Quante volte riceviamo questo tipo di domanda alla settimana o al mese? Identificare il volume, per settimana o per mese, ricordando che può essere un dato approssimativo, se è difficile guardare per mese allora guardate alle ultime settimane. In genere, le richieste con il volume più elevato meritano un’attenzione particolare per avere a disposizione maggiori informazioni.

Natura della domanda

  • Pianificata
  • Non pianificata
  • Stagionale – Arriva in un periodo specifico del mese o dell’anno. Spesso il flusso è già sovraccarico e quando arrivano queste richieste non c’è preparazione per affrontarle.
  • Casuale

SLA / Aspettative di consegna

  • Qual è il tempo di consegna previsto? Identificare le aspettative di consegna e vedere se c’è qualcosa che potrebbe integrare le fonti di insoddisfazione.

Un formato utile per registrare queste informazioni è quello di creare una tabella/foglio di calcolo per organizzare i dati e raggruppare i tipi di domanda.

Analisi della capacità

Quanto tempo impiega una richiesta per essere consegnata? Ci sono colli di bottiglia? Dove si blocca il flusso? Quanto viene consegnato per periodo (mese, settimana o sprint)?

È molto comune che le persone subiscano la mancanza di informazioni relative all’analisi della capacità, spesso rinunciando perché ritengono di non avere abbastanza informazioni, soprattutto quando si entra a far parte di un’organizzazione che ha ancora pochi dati quantitativi sulle consegne.

Non è necessario un sistema di metriche altamente raffinato per ottenere una prima comprensione della capacità. Se lo fate, è fantastico, ma se non lo fate, non sentitevi frustrati. Non preoccupatevi, cercheremo di demistificare questa fase, in modo che possiate raccogliere informazioni preziose, anche quando sembra che non ce ne siano. Vi assicuriamo che le informazioni ci sono sempre e che facendo le domande giuste riuscirete a trovarle.

L’obiettivo principale è capire in che modo l’organizzazione è in grado di soddisfare la domanda attuale e identificare se c’è un sovraccarico e da dove proviene. A tal fine, è meglio esaminare lo storico delle ultime settimane e riportare tutto ciò che è stato consegnato, di solito considerando un minimo di 2 settimane e idealmente 1 o 2 mesi di consegne.

Elementi da raccogliere per ogni tipo di domanda che viene consegnata:

  • Identificare i tipi di domanda.
  • Identificare il tempo di consegna di ciascun tipo di domanda.
  • Individuare se si è verificato un blocco e quale ne è la causa.
  • Identificare se c’è stato un sovraccarico di lavoro.
  • Identificare come sono state gestite le esigenze stagionali e se il personale è stato sovraccaricato o ha fatto gli straordinari.

Non preoccupatevi troppo dell’accuratezza delle informazioni, a volte non ci sono dati esatti. Le informazioni approssimative sono utili.

A questo punto è possibile capire il volume delle consegne evase dal team e fare un controllo incrociato con il volume delle richieste in entrata. Il suggerimento è di vedere se le richieste che arrivano più frequentemente sono in equilibrio con quelle che escono più frequentemente, perché potrebbero esserci opportunità di esplorare e definire meglio le priorità.

Un esempio: se il servizio consegna tra i 5 e i 10 elementi di un tipo di domanda a settimana, ma ogni settimana ne arrivano tra i 15 e i 20, si può già capire che c’è un problema. È chiaro che c’è un sovraccarico e si può correlare questo dato con l’analisi della domanda per capire la fonte del sovraccarico.

Seguendo il modello di Pareto, l’obiettivo è quello di evidenziare il 20% delle richieste che rappresentano l’80% dei problemi.

Classi di servizio

Quali richieste hanno un rischio diverso da altre? Ci sono richieste urgenti? Ci sono richieste con una scadenza?

L’obiettivo principale è quello di comprendere le classi di servizio già esistenti, per cui il suggerimento di scoprire cosa arriva con urgenza rispetto al resto è, nella maggior parte dei casi, sufficiente per iniziare e permette alle persone di semplificare la comprensione.

Tuttavia, in questa fase in cui si parla di classi di servizio, spesso vediamo la persona che facilita lo STATIK iniziare a introdurre i concetti di classe di servizio e cercare di implementare questi concetti per ogni categoria di domanda, spesso riempiendo di contenuti teorici le altre persone coinvolte in questo processo – facendo cadere il gruppo di lavoro esattamente nel terzo errore comune, ovvero cercare di essere quello che ne sa più degli altri – e di essere visto come il “professore” che insegnerà a tutti cos’è la classe di servizio e come segmentare le richieste utilizzando ciascuno dei suoi concetti.

La conseguenza di questo tipo di atteggiamento è che probabilmente inizierete ad affrontare la resistenza delle persone già in STATIK, perché vi siete messi a progettare un processo.

Evitate la trappola di voler usare STATIK per insegnare le classi di servizio ed evitate di usare il momento per implementare le classi di servizio, concentratevi invece sulla comprensione delle cose come sono oggi e non sull’introduzione di cose nuove.

Per evitare di cadere in questa trappola, basta scoprire il profilo di rischio delle richieste esistenti. Verificate se ci sono richieste con scadenze, se ci sono richieste urgenti, se ci sono richieste con priorità diverse. Classificate queste richieste utilizzando una nomenclatura che tutti conoscono ed evitate di introdurre termini che potrebbero essere troppo complicati per le persone in quel momento.

Come riferimento, le classi di servizio determinano il modo in cui la domanda deve essere gestita dal flusso di lavoro.

  • Gli elementi urgenti sono quelli che devono essere consegnati il prima possibile o che avrebbero dovuto essere già consegnati. Di solito sono legati a problemi, incidenti o guasti gravi, perché prima vengono consegnati, maggiore è la percezione del valore.
  • Gli elementi con una data hanno una scadenza rispetto alla quale il valore/risultato possa essere realizzato. A volte, anticipare non aumenta la percezione del valore.
  • Gli elementi normali sono quelli di cui il team si occupa quotidianamente, messi in sequenza ed eseguiti.
  • Esistono anche elementi dei quali la percezione del valore nel tempo è intangibile, che non hanno un’aspettativa legata alla consegna o un risultato chiaro. Inizialmente, consiglio di trattarli insieme alle voci normali per semplificare il processo STATIK.

Un consiglio è anche quello di esplorare alcuni esempi pratici con il gruppo, mettendoli in relazione con le richieste discusse nelle fasi precedenti per comprendere i volumi.

Un esempio pratico che è capitato a un team di Marketing è stato quando abbiamo utilizzato STATIK e abbiamo identificato che il problema principale era rappresentato dalle richieste che arrivavano con urgenza dalle Risorse Umane, che le portavano sempre con poco preavviso. STATIK ha contribuito a fare emergere questa consapevolezza e il primo passo è stato quello di organizzare il flusso per rendere visibile questo problema e quindi organizzare meglio la presa in carico di questo tipo di richieste.

Flusso di lavoro

Come funziona il flusso delle richieste? Progettare il flusso di lavoro. Iniziate in modo semplice. Concentratevi sulla mappatura del flusso attuale piuttosto che sulla sua correzione.

L’obiettivo principale è comprendere le fasi già in atto per il completamento del lavoro.

Non cercate di aggiustare il flusso – ancora una volta, non cadete nella trappola di essere quello che ne sa più degli altri – l’obiettivo è modellare il flusso così com’è oggi.

C’è un istinto naturale a guardare alcuni problemi e a volerli correggere nella mappatura, o a giudicare che sono sbagliati. Questo finisce per generare una sensazione negativa nelle persone, facendo sembrare che tutto sia sbagliato, e spesso si finisce per perdere i dettagli dello scenario perché le persone possono avere paura del giudizio degli altri.

Potrebbe anche esserci una certa pressione a riordinare il flusso utilizzando qualcosa di già noto e voi, in qualità di facilitatori STATIK, dovreste sottolineare che il primo passo verso il cambiamento è quello di generare una comprensione comune dello scenario da diversi punti di vista.

Quando durante la mappatura ci si imbatte in un miglioramento del flusso, assicurarsi che l’insoddisfazione per quel punto sia mappata; questo aiuterà a garantire che non venga dimenticata, poiché potrebbero esserci più modi per risolvere l’insoddisfazione.

La discussione su un punto di miglioramento del flusso può anche essere sviluppata nell’arco di qualche giorno osservando il flusso in azione. Di solito entro una settimana i principali problemi e insoddisfazioni diventano molto evidenti.

Suggerimenti importanti:

  • Non giudicare il flusso e la realtà
  • In questo momento, è sufficiente tracciare una mappa di come si presenta il flusso nella realtà
  • Se avete molte particolarità, concentratevi su quelle più importanti.
  • I diversi tipi di domanda possono avere flussi diversi

Iniziate con una semplice rappresentazione della realtà, che vi aiuterà a mettere in luce i principali problemi e le attuali insoddisfazioni.

Prima di tutto disegnate uno schema condiviso, è importante disegnare e rendere visibile la mappatura in modo che tutti abbiano la stessa comprensione della realtà.

Non è un problema iniziare a mappare il flusso a livello di team, ma tenete presente che STATIK si basa sul pensiero sistemico, quindi se utilizzate questo approccio cercate di capire come si colloca questo team rispetto al sistema d’insieme e come influisce sul risultato del cliente. Questo vi fornirà un allineamento globale rispetto al prodotto/servizio e vi farà guardare all’insoddisfazione da una prospettiva più ampia.

Questo approccio aiuta a identificare i principali colli di bottiglia, a far emergere i conflitti di comunicazione tra le diverse aree o i team che lavorano al flusso e a individuare il punto di partenza migliore.

Cadenze

Quali cadenze e cicli di feedback esistono oggi?

Affinché il vostro processo funzioni in modo minimamente efficiente, è necessario che ci siano determinate cadenze, riunioni o momenti di riflessione. Che si tratti del flusso di lavoro, delle consegne o di decidere cosa consegnare o come consegnare qualcosa.

Queste riunioni possono non essere formali o svolgersi a intervalli fissi, ma sono cadenze in cui le persone valutano problemi, processi, richieste e prendono decisioni. Vale la pena di prendere nota di queste cadenze e di capire lo scopo di ciascuna di esse.

È comune che le organizzazioni che iniziano a utilizzare il metodo Kanban abbiano una routine di pianificazione e follow-up.

Il consiglio è di sviluppare in qualche modo il contenuto di queste 3 routine principali:

  • Semplice riunione di pianificazione e allineamento settimanale (Replenishment Meeting)
  • Riunione giornaliera per la verifica del lavoro sulla Kanban board (Kanban Meeting)
  • Retrospettiva alla fine della settimana per valutare con il team ciò che è stato consegnato, i risultati e i punti da migliorare nel flusso (Service Delivery Review)

Non cambiate e non create resistenze: iniziate con le routine esistenti, con gli stessi nomi e poi, se necessario, evolvete con il passare dei giorni. Se una routine non è presente nella vostra organizzazione, va bene restare così come si è. Con il passare dei giorni, la mancanza di questa cadenza può diventare evidente e potete introdurla, se necessario.

Progettare il sistema Kanban e metterlo in pratica

Kanban ha i 3 principi di gestione del cambiamento che ci guidano e orientano, e quando iniziamo a introdurre le pratiche sono ancora più importanti:

1. Iniziate da ciò che fate oggi.

Rispettare l’attuale processo, i ruoli, i titoli e le responsabilità.

2. Accettate di perseguire il miglioramento attraverso il cambiamento evolutivo.

3. Incoraggiate la leadership a tutti i livelli.

Nel corso di questo articolo abbiamo sottolineato l’importanza di prendere atto della realtà piuttosto che esprimere giudizi, quindi quando si tratta di mettere in pratica questi principi, non dimenticateli.

Generalmente ci troviamo di fronte a due scenari:

  • Scenario 1 – Un’organizzazione che non ha un modo strutturato di gestire il lavoro, dove tutto viene fatto utilizzando fogli di calcolo, e-mail o persino liste di compiti individuali.
  • Scenario 2 – Organizzazione che ha un modo per gestire il lavoro, di solito con software come Trello, Jira, Microsoft TFS, VersionOne o altri strumenti di gestione dei progetti.

Indipendentemente dallo scenario, la raccomandazione è di concentrarsi sul flusso di lavoro discusso nello STATIK Canvas. Se trovate difficile rappresentare il flusso nella sua interezza, va bene iniziare con un approccio parziale, purché vi assicuriate che le insoddisfazioni siano evidenti e senza perdere di vista l’intero flusso (visione sistemica), poiché la maggior parte dei problemi nasce nelle iterazioni tra le parti.

Tenete presente che questo è il primo passo verso il cambiamento, fate attenzione che la cosa più importante a questo punto è portare il lavoro verso una sua gestione visuale e osservare. Ricordate il principio “Iniziate da ciò che fate oggi”.

In situazioni di lavoro in presenza, il consiglio è di iniziare con una lavagna fisica che genera meno resistenza, ma sappiamo che oggi la realtà è il lavoro a distanza, quindi uno degli strumenti digitali più semplici con cui iniziare è Trello. Per le organizzazioni che già dispongono di uno strumento, il consiglio è di evitare attriti e di utilizzare lo strumento esistente.

Una volta progettato il flusso, è sufficiente portare tutte le richieste in corso all’interno del flusso stesso, utilizzando contrassegni o etichette per rappresentare i tipi di richieste e le classi di servizio. La corretta classificazione delle informazioni vi aiuterà a raccogliere le informazioni in modo corretto.

Rafforzate le cadenze e le routine che sono state individuate, ricordatevi l’obiettivo e concordate le date e gli orari per ogni momento.

Con il passare dei giorni, l’insoddisfazione diventerà evidente, così come il volume delle richieste in corso e i colli di bottiglia. Le cadenze aiuteranno le persone a riflettere su queste insoddisfazioni e potrete apportare miglioramenti che affrontino le insoddisfazioni, facendo un primo passo verso il miglioramento continuo.

È abbastanza comune fare molti progressi entro due mesi e allora si può iniziare a esaminare le altre pratiche del metodo Kanban e continuare a far evolvere il proprio sistema di lavoro. Ma non abbiate fretta, ogni cosa accade a suo tempo.

Non dimenticate di evidenziare i miglioramenti e i risultati ottenuti: in questo modo contribuirete a guardare oltre i problemi, a generare l’impegno a continuare a evolvere e a farvi lavorare in modo più pragmatico e basato sull’evidenza.

Ricordate:

  • Non modellare un sistema più complicato del necessario.
  • A volte il solo fatto di avere una visione di insieme è già un risultato sufficiente per il momento.
  • All’inizio, i principali vantaggi derivano dalla gestione visiva, rendendo esplicita l’insoddisfazione.

“Un sistema non è mai la somma delle sue parti. È il prodotto dell’interazione tra le parti” – Russell Ackoff

Come funziona Kanban: la gestione proattiva dei rischi

Per far funzionare bene un sistema organizzativo e i suoi flussi di lavoro è fondamentale una gestione proattiva dei rischi, che infatti è un filo conduttore chiave del metodo Kanban. In tre degli ultimi cinque articoli ho già trattato il tema del rischio e di come viene affrontato per migliorare le previsioni e rendere i flussi di lavoro più stabili e affidabili. In questo articolo voglio risalire alla fonte e spiegare quali sono i razionali di base di tale approccio.

Le radici concettuali: il pensiero di Taleb, Shewhart e Deming

Nassim Nicholas Taleb, nel suo pensiero sul rischio, esplora il concetto di incertezza e imprevedibilità, evidenziando come molti eventi significativi (i cosiddetti ‘Cigni Neri’) siano estremamente improbabili, ma hanno un impatto enorme e sono spesso razionalizzati solo a posteriori. Taleb critica la dipendenza da modelli statistici tradizionali che sottovalutano le dinamiche dell’incertezza e del caos. Introduce inoltre il concetto di antifragilità, ovvero la capacità di un sistema di non solo resistere agli shock, ma di trarne beneficio e crescere. Taleb incoraggia un approccio prudente e resiliente al rischio, valorizzando la robustezza e il fattore umano rispetto alla fiducia cieca nella previsione e nel controllo.

Mediocristan ed Extremistan

Una delle idee chiave di Taleb, che ha influenzato ed è stata ripresa dal metodo Kanban, è la distinzione tra Mediocristan ed Extremistan per descrivere due tipi di domini statistici che influenzano la nostra comprensione del rischio e dell’incertezza.

Mediocristan:

  • Caratteristiche: Si riferisce a un mondo in cui le variabili seguono una distribuzione normale o gaussiana. Gli eventi estremi (outlier) sono rari e hanno un impatto minimo sull’insieme. La maggior parte delle variazioni è contenuta entro limiti prevedibili.
  • Esempi: Peso o altezza di un gruppo di persone. Aggiungere una persona di altezza straordinaria o peso anomalo non cambia significativamente la media complessiva.
  • Principio: Le dinamiche sono dominabili e i fenomeni sono relativamente stabili.

Extremistan:

  • Caratteristiche: Si riferisce a un mondo dominato da distribuzioni a coda grassa o lunga (fat-tail), dove eventi estremi sono frequenti e possono avere un impatto sproporzionato. I valori eccezionali contano molto di più rispetto alla media.
  • Esempi: Ricchezza, successo editoriale, popolarità di un video online. Un singolo miliardario o bestseller può influenzare enormemente la media.
  • Principio: Le dinamiche sono altamente imprevedibili e dominano le eccezioni.

Mediocristan è il dominio della stabilità, dove gli eventi rari non contano molto, mentre Extremistan è il regno dell’incertezza e degli eventi straordinari, che possono alterare radicalmente la realtà. Secondo Taleb, il mondo reale, soprattutto in ambiti come l’economia o l’innovazione, è spesso più vicino all’Extremistan, rendendo fondamentale considerare i rischi di eventi eccezionali (i ‘Cigni Neri’).

Rischi di variazione per causa comune e rischi di variazione per causa speciale

I rischi nei sistemi Kanban vengono classificati come rischi di variazione per causa comune (chance cause variation) e rischi di variazione per causa speciale (assignable cause variation). Questi concetti derivano dal lavoro pionieristico di Walter Shewhart negli anni ’20 del secolo scorso e sono stati ulteriormente sviluppati da William Edwards Deming, influenzando profondamente il Toyota Production System da cui il metodo Kanban deriva direttamente. La differenza tra questi rischi è un concetto fondamentale per la gestione del flusso di lavoro in un sistema Kanban.

Variazioni per causa comune:

  • Sono intrinseche al sistema e derivano dalla normale variabilità dei processi di lavoro.
  • Sono sempre presenti e contribuiscono alla fluttuazione “naturale” delle prestazioni.
  • Esempi: lievi differenze nei tempi di completamento delle attività, piccole variazioni nella qualità del lavoro, fluttuazioni nella domanda di lavoro.
  • Gestione: si affrontano migliorando il sistema nel suo complesso, ottimizzando i processi e riducendo la variabilità intrinseca.

Variazioni per causa speciale:

  • Sono esterne al sistema e derivano da eventi specifici e identificabili.
  • Sono imprevedibili e causano deviazioni significative dalle prestazioni normali.
  • Esempi: guasti imprevisti alle apparecchiature, richieste urgenti non pianificate, assenze improvvise del personale, ritardi da parte di fornitori esterni.
  • Gestione: si affrontano identificando la causa specifica, intervenendo per risolvere il problema immediato e implementando misure preventive per evitare che si ripeta in futuro.

I concetti di Extremistan e Mediocristan, introdotti da Taleb, sono strettamente correlati ai concetti di rischi di variazione per causa comune e rischi di variazione per causa speciale:

  • I rischi di variazione per causa comune sono tipici del Mediocristan. Sono variazioni intrinseche al sistema, con un impatto limitato e prevedibile. Possono essere gestiti migliorando il sistema nel suo complesso e riducendo la variabilità intrinseca.
  • I rischi di variazione per causa speciale sono tipici dell’Extremistan. Sono variazioni imprevedibili, spesso causate da eventi esterni al sistema, che possono avere un impatto significativo sulle prestazioni. Richiedono un’azione immediata per identificare e risolvere la causa specifica, oltre a misure preventive per evitare che si ripetano in futuro.

Il ruolo del Lead Time

L’analisi dei tempi di consegna (Lead Time) in un sistema Kanban può rivelare se ci troviamo di fronte a un Mediocristan o a un Extremistan:

  • Tempi di consegna con una distribuzione ‘a coda sottile’ (thin-tailed) indicano un Mediocristan: la maggior parte dei lead time si concentra attorno alla media, con pochi outlier. Possiamo utilizzare i valori di Lead Time per fare delle previsioni e pianificare.
  • Tempi di consegna con una distribuzione ‘a coda grassa o lunga’ (fat-tailed) indicano un Extremistan: la media è influenzata da outlier estremi, rendendola un indicatore poco affidabile. Dobbiamo analizzare gli outlier e anticipare i loro effetti con contromisure specifiche (in gergo si parla di “tagliare la coda”).

La pratica Kanban di limitare il WIP (Work in Progress) ha lo scopo di ottenere una distribuzione dei lead time a coda sottile, tipica del Mediocristan. Limitando il lavoro in corso, si riduce la variabilità del sistema, rendendolo più prevedibile e meno soggetto a eventi estremi.

Un percorso evolutivo per imparare a gestire i rischi

Il Kanban Maturity Model (KMM) sottolinea l’importanza di imparare a distinguere tra rischi di variazione per causa comune e rischi di variazione per causa speciale, per una gestione del rischio efficace. Nei livelli di maturità più bassi, le organizzazioni tendono a reagire a tutte le variazioni come se fossero speciali, con un approccio reattivo e spesso inefficace.

Man mano che l’organizzazione matura, sviluppa la capacità di:

  • Riconoscere le variazioni per causa comune e concentrarsi sul miglioramento continuo del sistema.
  • Identificare rapidamente le variazioni per causa speciale, intervenire per risolvere i problemi e implementare misure preventive.

Questa capacità di discernimento è cruciale per migliorare il flusso di lavoro, ridurre i rischi e aumentare la prevedibilità delle prestazioni.

Superare la mentalità vittimistica

Un ostacolo al discernimento dei rischi è che in molti ambienti aziendali la presunta complessità del contesto (cioè considerare tutte le variazioni come se fossero per causa speciale, mentre in realtà sono per causa comune) viene usata come scusa per giustificare le proprie prestazioni inadeguate. Le difficoltà esterne sono addotte come unica ragione delle scarse prestazioni, attribuendo i propri insuccessi a fattori esterni anziché a carenze personali o di metodo, di conseguenza evitando di assumersi la responsabilità di migliorare il sistema di lavoro.

Tale mentalità è particolarmente diffusa in ambienti di lavoro con bassa maturità. Si parla di ‘abdicazione’ in relazione alla leadership. Un leader che abdica alle proprie responsabilità, evitando di prendere decisioni e di affrontare i problemi, contribuisce a creare un ambiente in cui si diffonde una mentalità vittimistica. I membri del team, non sentendosi guidati e supportati, tenderanno a scaricare la colpa altrove e a lamentarsi invece di cercare soluzioni.

Al contrario un ambiente di lavoro positivo e collaborativo, con una leadership forte e supportiva, può contribuire a contrastare la mentalità vittimistica. Quando le persone si sentono valorizzate, responsabilizzate e parte di un team, sono più propense ad affrontare le sfide con un atteggiamento positivo e proattivo.

Evolvere la propria gestione del rischio insieme alla maturità organizzativa

La gestione del rischio nel Kanban Maturity Model (KMM) evolve significativamente attraverso i diversi livelli di maturità. Man mano che un’organizzazione matura, la sua capacità di identificare, analizzare e mitigare i rischi diventa più sofisticata e integrata nella sua cultura e nei suoi processi.

Ecco una panoramica di come il rischio viene gestito ai diversi livelli di maturità:

Livello 0 – Oblivious: A questo livello, il rischio non viene gestito in modo consapevole. L’organizzazione non ha processi definiti per l’identificazione o la mitigazione dei rischi, e le decisioni vengono prese in modo reattivo, spesso solo dopo che i problemi si sono già verificati.

Livello 1 – Team Focused: I team iniziano a riconoscere l’esistenza dei rischi, ma la gestione è ancora informale e limitata al livello di singolo team. I rischi vengono discussi durante le riunioni del team e si cerca di trovare soluzioni pragmatiche per mitigarli.

Livello 2 – Customer Driven: L’organizzazione inizia a comprendere l’importanza della gestione del rischio per la soddisfazione del cliente. Si introducono metriche per monitorare i rischi e si inizia a sviluppare una comprensione più olistica del flusso di lavoro, identificando potenziali punti deboli e colli di bottiglia.

Livello 3 – Fit for Purpose: La gestione del rischio diventa un processo più formale e integrato nel sistema Kanban. Si utilizzano le classi di servizio per dare priorità al lavoro in base al rischio e al valore per il cliente. Si implementano meccanismi di feedback per apprendere dagli errori e migliorare continuamente la gestione del rischio.

Livello 4 – Risk Hedged: L’organizzazione sviluppa una solida capacità di gestione del rischio. Si implementano processi di governance del rischio e si utilizzano metriche avanzate per monitorare le prestazioni e identificare le aree di miglioramento.

Livello 5 – Market Leader: La gestione del rischio diventa parte integrante della cultura organizzativa. L’organizzazione è in grado di anticipare i rischi e di adattarsi rapidamente ai cambiamenti del mercato. Si adotta un approccio proattivo alla gestione del rischio, investendo in innovazione e sperimentazione per mitigare i rischi futuri.

Livello 6 – Built for Survival: L’organizzazione è in grado di gestire eventi imprevisti e di alta criticità. Si sviluppano piani di emergenza e si mettono in atto strategie per garantire la resilienza e la continuità operativa, anche in scenari di crisi. Un’organizzazione a questo livello di maturità è antifragile, sa trarre beneficio dagli shock estremi (i ‘Cigni neri’) e sfruttarli a proprio favore per crescere.

In sintesi, la gestione del rischio nel KMM evolve da un approccio reattivo e informale a un processo proattivo, integrato e strategico. La maturità della leadership gioca un ruolo fondamentale in questo processo, guidando l’organizzazione verso una maggiore consapevolezza e una gestione più efficace del rischio.

Conclusione

La comprensione dei concetti di Extremistan e Mediocristan, la loro relazione con i rischi di variazione, l’evoluzione della maturità organizzativa sono fattori cruciali per una gestione del rischio efficace in un sistema Kanban. Analizzando la distribuzione dei Lead Time e implementando opportune strategie di gestione e controllo del flusso di lavoro, è possibile mitigare i rischi e migliorare la prevedibilità delle prestazioni dei servizi, anche in contesti complessi e incerti.

Come funziona Kanban: gestire le dipendenze esterne con le classi di dipendenza

Qualche giorno fa, un team IT con cui collaboro da tempo, e che ha già sviluppato un sistema Kanban abbastanza sofisticato, stava facendo un’analisi più puntuale del flusso di lavorazione dei ticket del proprio service desk e delle performance rispetto agli SLA (accordi sul livello di servizio).

Analizzando le metriche il team ha notato che a volte il servizio viene erogato (dalla prima risposta alla risoluzione) in tempi superiori a quelli previsti dagli SLA e si è accorto che questo succede in un caso specifico.

Viene aperto un ticket al quale viene assegnata priorità bassa o media. Il fornitore ci mette molto a rispondere e con il passare del tempo la priorità si alza. A un certo punto il ticket diventa a priorità alta, quando però è troppo tardi per risolverlo nel rispetto dei tempi previsti dagli SLA per la priorità alta (più stringenti rispetto a quelli per i ticket a priorità più bassa).

E’ bene ricordare che quando nei sistemi Kanban si parla di ‘priorità’ si intende ‘classe di servizio’, concetto correlato con il ‘costo del ritardo’, ovvero quanto costa all’organizzazione posticipare la lavorazione di quell’elemento di lavoro, nel nostro caso il ticket.

La priorità aumenta con il passare del tempo

L’esempio che mi è stato fatto è quello di un incidente su un software di gestione ordini. Era stato aperto con priorità media. Dopo due settimane l’utente doveva procedere con gli ordini altrimenti l’azienda sarebbe restata senza materiali e la priorità era stata cambiata in alta. Assegnando una priorità più alta al ticket (con uno SLA più stringente), il team si è ritrovato immediatamente fuori SLA.

Questa è la tipica situazione in cui il team, nel proprio percorso di maturazione, si rende conto di avere bisogno di qualcosa di nuovo per gestire sempre meglio il proprio flusso di lavoro. E lo chiede al Kanban coach.

Poster riassuntivo della gestione delle dipendenze, disponibile sul sito Kanban+ della Kanban University

Da una gestione reattiva a una gestione proattiva delle dipendenze e del rischio correlato

Ho fatto riflettere il team sul fatto che la gestione delle dipendenze (dai fornitori, ma non solo) fatta fin lì era stata reattiva, mentre era arrivato il momento di introdurre le cosiddette ‘classi di dipendenza’ (Classes of Dependency Management), ovvero fare il triage anche a valle sui fornitori e, in funzione di quello, agire in modo proattivo, anticipando i problemi. 

Dobbiamo considerare il flusso di lavoro su cui stiamo lavorando, nel nostro esempio il nostro service desk, come un servizio che chiama un altro servizio, nel nostro esempio il servizio di assistenza del fornitore.

In un sistema Kanban possiamo disporre di metriche di flusso, tra cui una curva di distribuzione dei Lead Time relativa allo step del flusso di lavoro in cui siamo in attesa del fornitore. La stessa curva rappresenta una buona approssimazione del Lead Time del nostro fornitore e possiamo utilizzarla per calcolare il livello di rischio che abbiamo rispetto al fatto che il fornitore ritardi la risoluzione del ticket. Disporre della metrica relativa al fornitore significa che possiamo valutare quanto questo sia affidabile e capire cosa aspettarci, in modo da poterci regolare di conseguenza.

Gestire le priorità in funzione delle classi di dipendenza

Possiamo quindi, in funzione del rischio calcolato sul tempo di risposta del fornitore, assegnare la classe di dipendenza e agire come segue:

  • aprire il ticket al fornitore con una priorità più alta rispetto a quella che esponiamo a monte all’utente del nostro servizio
  • eventualmente alzare da subito la priorità anche del nostro servizio
  • in funzione della classe di dipendenza attribuita e se esiste un buon livello di collaborazione, si può chiedere proattivamente al fornitore di riservare della capacità produttiva, in modo puntuale e dinamico
  • eventualmente si può riservare della capacità produttiva anche nel nostro servizio, per accelerare le nostre operazioni quando finalmente il fornitore risponde

Da un punto di vista pratico e in termini di visualizzazione, si contrassegna il ticket con un’etichetta che corrisponde alla classe di dipendenza. Si stabilisce quindi una policy correlata alla classe di dipendenza in base alla quale l’elemento di lavoro viene trattato opportunamente.

Conclusione

Sostanzialmente il rischio correlato alla dipendenza dal fornitore viene gestito giocando d’anticipo, in modo proattivo, sistematico e standardizzato. In questo modo non viene più cambiata la priorità in corso di lavorazione ai ticket perché, a fronte di un rischio, la policy che regola la gestione della classe di dipendenza prevede già una priorità più alta e le opportune contromisure. E anche a fronte di un fornitore poco affidabile, il nostro flusso di lavoro risulta maggiormente prevedibile e affidabile, aumentando la soddisfazione degli utilizzatori del nostro servizio.

Una trattazione più articolata e dettagliata delle classi di dipendenza la potete trovare sul portale Kanban+ della Kanban University, cliccando qui.