Il metodo Kanban e l’H-Factor: coltivare il fattore umano nell’era dei progetti digitali

La nostra vita, sia personale che professionale, è costantemente intessuta di progetti, dal piccolo traguardo quotidiano alla grande impresa che segna una svolta. Al centro di ogni progetto, indipendentemente dalla sua scala o dalla crescente pervasività di tecnologie emergenti come l’intelligenza artificiale e la realtà virtuale, c’è e ci sarà sempre il “Fattore Umano”. In questa nuova era, caratterizzata da complessità e rapidi cambiamenti, la capacità e le competenze delle persone assumono un valore ancora maggiore. Donne e uomini di talento sono chiamati a fare la differenza, contribuendo in modo decisivo al successo dei progetti.

Come possiamo, dunque, valorizzare al meglio questo insostituibile “Fattore Umano” e supportarne la crescita in un contesto sempre più digitale e orientato ai progetti?
Se ne parla domani, venerdì 13 giugno, a Bari al PMI Forum.

In questo articolo voglio evidenziare come il metodo Kanban si riveli una leva strategica e operativa potentissima proprio per lo sviluppo umano e professionale, grazie al suo solido impianto valoriale e al suo approccio evolutivo.

Kanban: non solo strumenti, ma valori per le persone

Il metodo Kanban è basato su principi e valori che vanno oltre la mera ottimizzazione dei processi. È un approccio che pone l’attenzione sulle persone e incoraggia la collaborazione. I valori culturali, in particolare come definiti nel Kanban Maturity Model (KMM), non sono concetti astratti, ma principi guida che plasmano il comportamento e la cultura organizzativa, fondamentali per l’evoluzione.

I valori del metodo Kanban hanno un impatto diretto sulla crescita e sulla valorizzazione del “Fattore Umano”. Alcuni di questi li ho esplorati più a fondo nei miei ultimi articoli:

  1. Rispetto (Respect): rispettare le persone nel metodo Kanban significa riconoscere le loro competenze, condizioni e responsabilità. Implica creare un ambiente che permetta loro di esprimere il proprio potenziale, fornendo formazione, risorse, strumenti, tempo, spazio e regole chiare. Le persone hanno bisogno di conoscere il loro scopo, come contribuire e quali risultati sono attesi, per sviluppare autonomia, padronanza e un forte senso di significato nel lavoro. Questo valore si traduce anche nella gestione del carico di lavoro, riducendo il sovraccarico (Muri) e l’irregolarità (Mura) nel flusso, pratiche che migliorano la concentrazione, riducono lo stress e aumentano la qualità della vita lavorativa. L’approccio evolutivo di Kanban, che evita cambiamenti traumatici e parte da ciò che esiste, è anch’esso una manifestazione del rispetto per le persone e la loro identità.
  2. Achievement (Raggiungimento dei risultati): la consapevolezza di raggiungere risultati è fondamentale per la realizzazione personale. Kanban valorizza i piccoli successi e i passi avanti compiuti, contribuendo a rafforzare la resilienza. La visualizzazione del lavoro completato su una Kanban board individuale può diventare una ‘bacheca dei trofei’, un riconoscimento personale che motiva. Nelle organizzazioni più mature, l’achievement evolve da valore privato a valore sociale e riconosciuto, attraverso indicatori visivi, celebrazioni, riconoscimento formale e narrativa organizzativa. Questo valore è un elemento culturale fondamentale per far progredire l’organizzazione.
  3. Trasparenza (Transparency): la trasparenza è un valore fondamentale e una pratica abilitante nel metodo Kanban. Attraverso la visualizzazione del lavoro, delle policy, dei rischi e delle aspettative, Kanban garantisce una comprensione condivisa, facilitando il processo decisionale, la collaborazione e la condivisione della conoscenza. Rende visibile ciò che sarebbe altrimenti invisibile. Policy esplicite migliorano la fiducia nell’organizzazione, creando condizioni per la responsabilizzazione. La trasparenza sui dati e sulle performance permette decisioni basate su fatti concreti, non su percezioni soggettive. Soprattutto, la trasparenza in Kanban favorisce lo sviluppo dell’empatia. Vedere il flusso, i blocchi, le tensioni, i rischi non solo fa comprendere, ma fa anche “sentire” le dinamiche del sistema, creando una consapevolezza condivisa. Sebbene la trasparenza possa incontrare resistenze legate al controllo delle informazioni, condividere il maggior numero possibile di informazioni è essenziale per rafforzare l’affidabilità organizzativa.
  4. Collaborazione (Collaboration): Kanban promuove attivamente la collaborazione. È un valore culturale esplicito essenziale per l’evoluzione organizzativa. Dalle board individuali aggregate che mostrano il lavoro di più persone, facilitando l’aiuto reciproco, si passa alla cooperazione tra team per offrire un servizio al cliente. La visualizzazione, i cicli di feedback (cadenze), le policy esplicite, l’orientamento ai servizi e la cultura Kaizen (miglioramento continuo) sono tutte pratiche che alimentano la collaborazione. Gestire il lavoro, non le persone, sposta il focus e incoraggia i team a collaborare per far progredire il flusso.
  5. Leadership e Responsabilità (Leadership and Accountability): Kanban incoraggia atti di leadership a tutti i livelli, non solo ai vertici gerarchici. La leadership è vista come un atto, un’azione, che si manifesta nella capacità di ispirare gli altri all’azione attraverso esempio, parole e riflessione. Questo è intrinsecamente legato alla responsabilità: chiunque agisca per migliorare o risolvere un problema si assume una responsabilità. La leadership è necessaria a tutti i livelli per il miglioramento continuo. La responsabilità dei leader è quella di catalizzare discussioni e spingere all’azione per affrontare le sfide. Una mancanza di leadership è spesso dovuta a una mancanza di responsabilità. Kanban promuove una cultura di accountability, dove gli individui sono responsabili delle proprie azioni e dei risultati collettivi. Leader e individui sono incoraggiati ad assumersi la responsabilità in prima persona, agendo con affidabilità e accettando rischi (“skin in the game“). Anche i ruoli formali di leadership, come i manager, hanno la responsabilità di guidare il miglioramento continuo del flusso.
  6. Scopo (Purpose): La definizione e condivisione di uno scopo chiaro e condiviso è uno strumento concreto ed efficace per responsabilizzare e alimentare la leadership a tutti i livelli. Fornisce il “senso” necessario affinché le persone si sentano abilitate ad agire da leader e a migliorare attivamente il sistema. Lo scopo guida il comportamento, orienta le decisioni e responsabilizza. È la base per atti di leadership distribuita e un antidoto alla mentalità vittimistica.

Kanban: una leva strategica e operativa per i progetti e la crescita umana

Se i modelli di Project Management tradizionali vedono i progetti come unici e irripetibili, un’analisi Kanban rivela che la maggior parte delle attività progettuali aziendali è in realtà standardizzabile e ripetibile, riconducibile a schemi produttivi come la produzione in linea o a lotti. Proprio perché molte attività non sono uniche, Kanban si rivela efficace per ottimizzare il flusso di lavoro. Il Kanban Project, Programme e Portfolio Management (KPPM) estende l’applicazione di Kanban alla gestione di progetti complessi, basandosi su pensiero sistemico, gestione del flusso e una cultura collaborativa orientata allo scopo.

In questo contesto progettuale, dove tecnologia e processi avanzano rapidamente, Kanban non solo offre strumenti operativi per migliorare l’efficienza, ridurre i tempi di consegna e minimizzare gli sprechi, ma diventa una leva strategica per valorizzare e far crescere il “Fattore Umano”:

  • Permette di applicare concretamente i concetti teorici nella realtà quotidiana.
  • Aiuta a visualizzare i processi, a gestire e dare priorità al lavoro, e a vedere le fasi con chiarezza, superando difficoltà comuni.
  • Contribuisce a rendere visibili i flussi di valore, individuare inefficienze e migliorare la capacità di risposta.
  • Grazie al suo approccio evolutivo e incrementale, permette di iniziare dal basso, osservando il lavoro reale dei team e applicando gradualmente i principi e i framework come riferimento e Kanban come strumento quotidiano di evoluzione organizzativa.
  • Evita rotture traumatiche che minaccerebbero l’identità delle persone.
  • Fornisce i meccanismi di feedback (cadenze) essenziali per coordinare e migliorare continuamente il modo di lavorare, fungendo da vero meccanismo di trazione per un sistema Kanban. Questi momenti di riflessione sono cruciali per tradurre l’insoddisfazione in azione, catalizzata dalla leadership.
  • Combatte la sindrome del “plateau della presunta eccellenza”, che si verifica quando le organizzazioni si fermano dopo i successi iniziali legati soprattutto al benessere del team, non affrontando barriere più profonde di natura culturale e sociologica. Il KMM fornisce una roadmap per superare questo stallo e sbloccare benefici più significativi, richiedendo consapevolezza e la disponibilità ad affrontare queste barriere.

Conclusione

In un mondo di progetti sempre più permeato dalla tecnologia, le capacità umane di leadership, responsabilità, collaborazione, empatia e orientamento allo scopo, supportate da una trasparenza basata sui dati e da un rispetto per l’individuo e il suo lavoro, diventano gli elementi distintivi che permettono al talento di fare la differenza. Kanban, fornendo un framework operativo che incarna questi valori e promuove un cambiamento evolutivo, diventa uno strumento potente per coltivare l'”H-Factor”, garantendo che le persone non siano relegate a meri esecutori in sistemi gestiti dalla tecnologia, ma rimangano al centro, guidando l’innovazione e il successo dei progetti.

Attraverso Kanban, il “Fattore Umano” è abilitato a prosperare, non solo gestendo i progetti in un’era digitale, ma guidandoli con intelligenza, empatia e scopo.

La sindrome del ‘plateau della presunta eccellenza’: quando il successo iniziale arresta l’evoluzione

Nel percorso di miglioramento organizzativo, in particolare quando si adotta un approccio di cambiamento evolutivo come quello proposto dal metodo Kanban, è fondamentale essere consapevoli delle trappole comuni in cui si rischia di inciampare. Una delle più insidiose è la sindrome del cosiddetto ‘false summit plateau‘ (traducibile con ‘plateau della presunta eccellenza’, la traduzione è mia). Capire questa sindrome è fondamentale per non fermarsi dopo i primi successi e per continuare a perseguire un’evoluzione che porti a benefici più profondi e duraturi.

Che cos’è il cambiamento evolutivo?

Il metodo Kanban si basa su un approccio al cambiamento che è intrinsecamente evolutivo. A differenza dei metodi che propongono cambiamenti strutturali drammatici e prescrittivi, spesso introducendo nuovi ruoli e riorganizzazioni, il metodo Kanban mira a un cambiamento incrementale. L’idea è iniziare da ciò che si fa attualmente e migliorare gradualmente nel tempo. L’approccio risulta meno minaccioso e genera minori resistenze, in quanto evita di intaccare l’identità individuale e le dinamiche sociali consolidate. In questo contesto, il cambiamento evolutivo non ha un punto finale prestabilito: si definisce piuttosto un risultato desiderato o accettabile e si adattano i processi per avvicinarvisi. Il percorso si sviluppa affrontando un problema alla volta: si identifica la principale criticità, la si risolve e si passa poi alla successiva.

L’emergere del plateau della presunta eccellenza

Dopo aver adottato inizialmente il metodo Kanban, spesso attraverso iniziative in contesti limitati, le organizzazioni sperimentano rapidamente una serie di benefici tangibili. Nelle organizzazioni meno strutturate, l’attenzione si focalizza spesso sul benessere delle persone, con l’obiettivo di contenere lo stress, ridurre il sovraccarico e rafforzare il senso del lavoro quotidiano. A questo livello, i team o piccoli gruppi sociali iniziano a collaborare e sviluppano un senso di identità di squadra.

I risultati tipici che si ottengono e che portano alla percezione di “aver fatto Kanban” includono:

  • Sollievo dal sovraccarico e da ambienti stressanti.
  • Miglioramento della trasparenza.
  • Miglioramento della collaborazione.
  • Sensazione di aver “ottenuto ciò di cui avevamo bisogno”.

Questa fase di successi iniziali porta l’organizzazione a raggiungere quello che viene definito il ‘plateau della presunta eccellenza’. L’organizzazione ha raggiunto alcuni benefici evidenti e utili e crede di aver già sperimentato tutti i vantaggi del metodo Kanban.

Perché si ferma l’evoluzione?

Il problema è che, sebbene validi, questi successi rappresentano solo adozioni limitate del metodo. I benefici più significativi, tipici dei livelli di sviluppo più avanzati, restano in gran parte inespressi.

Il plateau si manifesta quando l’organizzazione si adagia sui successi iniziali. Il raggiungimento di una migliore dinamica di team, pur essendo un traguardo positivo, può trasformarsi in una zona di comfort. L’inerzia tende a consolidarsi attorno alla coesione sociale del gruppo. Sebbene il metodo Kanban favorisca l’evoluzione dei ruoli e dell’identità attraverso cambiamenti condivisi, il progresso si blocca di fronte a una serie di barriere all’adozione.

Nelle organizzazioni poco strutturate, la leadership è spesso caratterizzata da un approccio ancora reattivo o operativo, più che strategico, e da una ridotta gestione del rischio, il che rende difficile sostenere iniziative di cambiamento significative. Per superare lo stadio attuale e progredire verso livelli più evoluti di organizzazione, è necessario affrontare ostacoli più profondi, spesso di natura sociologica e psicologica.

Alcune delle barriere comuni che contribuiscono a rimanere bloccati al plateau includono:

  • Cultura individualistica: resistenza anche a processi a livello di team per motivi culturali e di identità.
  • Immagine di sé ‘eroica’: preferenza per azioni individuali piuttosto che per il lavoro di squadra.
  • Sfiducia nei confronti dei processi e della governance, alimentata dal timore che possano trasformarsi in meccanismi burocratici eccessivamente rigidi.
  • Comportamenti dei clienti focalizzati esclusivamente sui propri vantaggi.
  • Resistenza all’idea che tutti possano contribuire attivamente alle decisioni gestionali.

In particolare, il passaggio a sistemi organizzativi maggiorente strutturati, affronta ulteriori barriere:

  • Perdita di identità e scopo nei manager: lo sviluppo del lavoro di squadra mette in crisi i manager tradizionali, che possono sentirsi privati del loro ruolo e della loro autostima.
  • Ambizione e ricerca del potere: manager con interessi personali nel mantenimento dello status quo o con un’identità fortemente legata ai metodi consolidati, che percepiscono l’evoluzione organizzativa come una minaccia al loro potere e alla loro identità.
  • Mancanza di pensiero sistemico: difficoltà a percepire l’organizzazione come una rete di servizi interdipendenti.
  • Mancanza di focalizzazione sul cliente: alcune organizzazioni non adottano una visione centrata sui servizi e bisogni del cliente finale, limitando i benefici alle sole aree interne.
  • Mancanza di una direzione condivisa: senza uno scopo chiaro e significativo, il progresso risulta difficile da sostenere.

Quando un’organizzazione ritiene di aver ottenuto i benefici desiderati con le prime adozioni e si adagia su questi risultati, le barriere latenti rimangono inevase e l’impulso evolutivo si arresta. La percezione di “aver fatto Kanban” genera una mancanza di motivazione a proseguire nel difficile percorso di cambiamento necessario per superare le resistenze più profonde.

Superare il plateau con il KMM

È proprio qui che il Kanban Maturity Model (KMM) assume un ruolo fondamentale. Il KMM è stato creato per evidenziare come molte adozioni iniziali, che sono parziali, lascino inespresse numerose opportunità di beneficio aggiuntivo. Fornisce una roadmap per un’adozione più ampia e profonda nel tempo, articolata in sette livelli, ciascuno con risultati osservabili, pratiche specifiche e una cultura associata.

Grazie al KMM, le organizzazioni possono valutare il proprio livello di evoluzione e identificare le pratiche più appropriate da implementare per passare al livello successivo. Queste pratiche sono studiate per generare il “giusto grado di stress”, incentivando il miglioramento continuo senza provocare rotture. Inoltre, il KMM aiuta a riconoscere e mitigare le barriere all’adozione specifiche di ogni livello di evoluzione, offrendo una guida per rompere l’equilibrio esistente e raggiungere un nuovo equilibrio stabile al livello successivo.

Plateau della presunta eccellenza vs. overreaching

È utile notare che il ‘plateau della presunta eccellenza’ rappresenta una delle due modalità di fallimento più comuni nell’implementazione del metodo Kanban. L’altra è il cosiddetto ‘overreaching‘ (traducibile come ‘eccesso di ambizione’, la traduzione è sempre mia). Quest’ultimo si verifica quando un piano di transizione risulta troppo ambizioso, puntando direttamente a un sistema organizzativo fortemente evoluto. Spesso è il risultato della pressione esercitata da consulenti desiderosi di dimostrare la propria competenza ed efficacia. Tuttavia, un cambiamento troppo drastico e strutturale può generare una destabilizzazione profonda, portando in molti casi all’abbandono dell’iniziativa.

Al contrario, il metodo Kanban — se implementato con il supporto del KMM — promuove un approccio incrementale, basato su piccoli passi successivi, molto più adatto a favorire il successo, soprattutto nelle organizzazioni inizialmente poco strutturate.

Conclusione

La sindrome del ‘plateau della presunta eccellenza’ rappresenta un ostacolo significativo al cambiamento evolutivo. Si manifesta quando, dopo aver ottenuto rapidi benefici iniziali, le organizzazioni credono erroneamente di aver completato il proprio percorso con Kanban e interrompono il processo di miglioramento. Sebbene questi primi successi siano legittimi, spesso si limitano ad adozioni parziali che lasciano inespresso un ampio potenziale di crescita.

Superare questo plateau richiede consapevolezza del fatto che esiste un livello successivo e la disponibilità ad affrontare barriere più profonde — di natura culturale, psicologica e sociologica — che ostacolano l’evoluzione organizzativa.

Strumenti come il Kanban Maturity Model (KMM) possono fornire una direzione chiara: aiutano a visualizzare il percorso evolutivo, a riconoscere dove si trova l’organizzazione e a proseguire oltre il punto di stallo. Il KMM consente di sbloccare benefici più significativi in termini di focalizzazione sul cliente, gestione del flusso di lavoro, prevedibilità e resilienza.

Il cambiamento evolutivo, infatti, non è una destinazione, ma un viaggio continuo.

Il valore dell’ ‘Achievement’: come il raggiungimento dei risultati supporta l’evoluzione organizzativa nel metodo Kanban

Nel percorso di miglioramento organizzativo descritto dal metodo Kanban e dal Kanban Maturity Model (KMM), i valori culturali giocano un ruolo fondamentale. Non sono concetti astratti, ma principi che guidano il comportamento e plasmano la cultura di un’organizzazione. Uno di questi valori, considerato fondamentale per qualunque livello di maturità organizzativa, anche in situazioni di gestione individuale del lavoro, è l’ ‘Achievement’, termine difficile da rendere in italiano, ma che potremmo tradurre come raggiungimento dei risultati.

Cosa significa ‘achievement’?

La consapevolezza di raggiungere i risultati (achievement) è fondamentale per la felicità e la realizzazione personale di ogni individuo. Va oltre la semplice conclusione di un compito; è il ‘sentirsi capace di realizzare qualcosa’; è il riconoscimento, sia personale che eventualmente da parte degli altri, del fatto che qualcosa è stato portato a termine con successo. In contrasto con l’ambizione di grandi traguardi, il valore dell’achievement, soprattutto in contesti ancora poco strutturati, consiste nel dare importanza ai piccoli successi e nel riconoscere i passi avanti compiuti, piuttosto che focalizzarsi su fallimenti o opportunità perdute. Il detto “la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni” sottolinea come il vero valore risieda nel completamento e nella realizzazione concreta, non semplicemente nelle intenzioni. Adottare questa prospettiva favorisce un atteggiamento positivo, orientato a vedere il ‘bicchiere mezzo pieno’, contribuendo così a rafforzare la resilienza.

Achievement nelle organizzazioni poco strutturate

Nelle organizzazioni ancora poco strutturate il focus è principalmente sull’individuo. L’achievement è un valore fondamentale, ma spesso si manifesta in modo intimo e silenzioso. Il riconoscimento personale dei propri successi può avvenire in forme semplici ma significative, come l’uso di una kanban board individuale per visualizzare i compiti portati a termine, diventando così una metaforica ‘bacheca dei trofei’. Questa forma di riconoscimento riflette il fatto che l’individuo attribuisce valore all’achievement come elemento chiave per il proprio benessere e la propria efficacia. Tuttavia, a questo livello, il riconoscimento rimane per lo più privato: vi è poca esposizione pubblica e raramente un riconoscimento formale. Gli individui, in questi casi, non sono spinti dalla ricerca di status sociale o di ricompense esteriori, né esprimono pubblicamente orgoglio per i propri risultati.

L’evoluzione dell’achievement in organizzazioni che si vanno strutturando

Il valore dell’achievement non si perde all’interno di organizzazioni maggiormente strutturate; al contrario, ci si aspetta che venga mantenuto e integrato in modo ancora più consapevole e sistematico.

Nelle organizzazioni orientate al lavoro di squadra (Team-Focused), emerge l’esigenza di esprimere apertamente l’achievement, di riconoscerlo e premiarlo, così come di valorizzare il senso di appartenenza e soddisfazione che ne deriva. Iniziano a formarsi gruppi sociali ristretti – i team – che collaborano attivamente. In questo contesto, gli individui iniziano a cercare riconoscimento e status, sviluppando un senso di realizzazione personale. Allo stesso tempo, anche il team, in quanto entità sociale, aspira a ottenere visibilità e riconoscimento all’interno dell’organizzazione più ampia, coltivando un senso condiviso di orgoglio collettivo. A questo livello, possono emergere ‘gesti eroici’ individuali, compiuti con l’intento di portare riconoscimento al team e guadagnare status all’interno del gruppo stesso. A partire da questo livello diventa comune assistere a momenti di celebrazione e a rituali collettivi – spesso durante le riunioni – volti a riconoscere i risultati raggiunti, sia a livello individuale che di team o di unità organizzative più ampie.

E’ un passaggio importante: se in organizzazioni poco strutturate l’achievement è un valore personale e privato, in organizzazioni che vanno strutturandosi diventa un valore sociale e riconosciuto. Quando un individuo compie un’azione che ispira fiducia in un’altra persona – ad esempio, portando a termine un compito con alta qualità come promesso – entrambi sperimentano sensazioni positive legate sia alla realizzazione raggiunta sia alla fiducia che si è instaurata.

Achievement nelle organizzazioni maggiormente strutturate

Nelle organizzazioni in fase di strutturazione, spesso si tende a cercare ricompense, riconoscimenti e status per aver superato eroicamente gli ostacoli. Tuttavia, nelle organizzazioni più mature si dovrebbe promuovere più una cultura della prevenzione dei problemi e dell’eliminazione definitiva degli ostacoli, aspirando a un modello in cui non servano più ‘eroi’.

In contesti molto strutturati, il raggiungimento di obiettivi come la fitness-for-purpose (cioè, soddisfare le aspettative del cliente) dovrebbe essere celebrato come un successo raggiunto. Raggiungere questo livello di maturità implica che i processi organizzativi siano sufficientemente evoluti da soddisfare costantemente le aspettative del cliente.

Come dare riconoscimenti alle persone per i risultati raggiunti

Nel metodo Kanban si identificano diverse modalità per gratificare le persone al raggiungimento dei risultati:

  • Indicatori visivi: premi, certificati, badge simbolici o anche semplicemente la visualizzazione del lavoro completato su una Kanban board, che rende tangibile l’achievement e ne rafforza il valore percepito.
  • Celebrazioni e rituali: momenti dedicati al riconoscimento, spesso integrati nelle riunioni, per valorizzare i contributi individuali o di team e rafforzare lo spirito di appartenenza.
  • Riconoscimento formale: il conferimento esplicito di riconoscimenti o ricompense a fronte di iniziative meritevoli o dell’eccellente adempimento di un ruolo.
  • Narrativa organizzativa: storie di risultati raggiunti che diventano parte integrante dell’identità del team e vengono trasmesse ai nuovi membri come esempi di riferimento, rafforzando la cultura condivisa.

Perché l’achievement è importante per la maturità di un’organizzazione

Il valore dell’achievement, insieme a collaborazione, iniziativa e trasparenza, è un elemento culturale fondamentale la cui presenza è necessaria per fare progredire l’organizzazione, utilizzando approcci come STATIK (Systems Thinking Approach to Implementing Kanban). Senza questi valori di base già radicati nella cultura, i tentativi di fare evolvere l’organizzazione sono probabilmente destinati al fallimento.

Conclusione

In sintesi, l’achievement nasce come un valore profondamente personale, legato alla soddisfazione individuale e alla visibilità del lavoro svolto. Con il tempo si evolve, includendo il riconoscimento sociale e di team, diventando un elemento fondamentale per lo sviluppo e la maturazione dell’organizzazione. L’achievement rappresenta una delle basi su cui si costruiscono fiducia, senso di appartenenza e, in ultima analisi, il successo dell’organizzazione nel soddisfare i clienti e nel raggiungere obiettivi più ampi.

Contro la mentalità vittimistica: come avere uno scopo alimenta la leadership

In un mio precedente articolo (che potete rileggere qui), parlando di rischi operativi, ho evidenziato un comportamento piuttosto comune in ambienti a bassa maturità organizzativa: la presunta complessità del contesto viene spesso usata come scusa per giustificare le proprie prestazioni inadeguate.

In questi contesti, le difficoltà esterne sono invocate come cause uniche del caos organizzativo, mentre si evita di riconoscere le responsabilità interne, sia individuali che sistemiche. Questo porta alla cosiddetta abdicazione della leadership, che alimenta una mentalità vittimistica e passiva nel team.

Ma come si costruisce un ambiente di lavoro che responsabilizza, invece di deresponsabilizzare? Come si promuove un contesto in cui ognuno si sente autorizzato ad agire da leader?

Uno degli strumenti concreti più efficaci in questo senso è la definizione e la condivisione di uno scopo (purpose) chiaro, che ispiri e orienti l’azione.

Immagine generata da DALL-E

Leadership a tutti i livelli: un principio fondamentale

Uno dei quattro principi base del metodo Kanban afferma:

“Incoraggia atti di leadership a tutti i livelli.”

Significa abilitare ogni individuo – non solo i manager – a migliorare attivamente il sistema. Ma affinché ciò accada, serve più di un metodo visuale o una board Kanban: serve senso. E il senso si costruisce a partire da uno scopo condiviso.

Lo scopo – ‘purpose’ – nel Kanban Maturity Model

Nel Kanban Maturity Model (KMM), lo scopo è visto come una leva culturale fondamentale per l’evoluzione organizzativa, soprattutto a partire dal livello 3 (Fit-for-Purpose) in su.
A questo stadio di maturità:

  • l’organizzazione riconosce che non tutto è fuori controllo;
  • inizia a discernere tra variabilità sistemica e problemi di metodo;
  • definisce uno scopo che guida il comportamento, orienta le decisioni e responsabilizza.

Nei livelli di maturità più alti (4 e 5), questo scopo viene interiorizzato a livello di cultura organizzativa: diventa parte del DNA del team.

Esempio pratico: uno scopo che guida le azioni

Prendiamo un team di informatici che sviluppa un’app per la gestione finanziaria personale. Iniziano a usare Kanban per migliorare il flusso, ma si accorgono che senza un orientamento chiaro, le decisioni restano frammentate. Decidono allora di formulare insieme uno scopo condiviso:

“Aiutiamo le persone a sentirsi sicure e in controllo delle proprie finanze attraverso soluzioni semplici, affidabili e accessibili.”

Questo scopo viene:

  • reso visibile sulla Kanban board;
  • usato come criterio per dare priorità;
  • richiamato nei momenti di review e miglioramento.

Risultato?

  • Un designer propone una nuova funzione utile non richiesta dal backlog.
  • Uno sviluppatore junior evidenzia un rischio sulla fiducia dell’utente.
  • Il team rifiuta collettivamente una richiesta del marketing che va contro il purpose.

Tutti questi sono atti di leadership distribuita, resi possibili dallo scopo.

Conclusione: lo scopo come antidoto alla mentalità vittimistica

Uno scopo chiaro è molto più di una dichiarazione d’intenti: è una fonte di libertà e responsabilità.
È lo strumento con cui un’organizzazione può contrastare la mentalità vittimistica, valorizzare il contributo individuale e coltivare una cultura in cui tutti si sentono parte attiva del miglioramento.

Nel linguaggio del KMM, questo è ciò che distingue i sistemi maturi da quelli che abdicano: non è la complessità esterna a fare la differenza, ma la chiarezza interna sul perché si fa ciò che si fa.