Dalla formazione ITIL4 alla pratica quotidiana: il valore di un percorso di coaching Kanban

Nel mio lavoro di formatore per E-quality Italia, mi capita spesso di tenere corsi di ITIL 4, soprattutto a livello Foundation, che continuano a suscitare grande interesse da parte delle aziende italiane. Una delle domande che più frequentemente emergono durante questi incontri è tanto semplice quanto essenziale: “Come possiamo applicare concretamente nella nostra realtà aziendale quello che stiamo imparando?”

Questa domanda, pur nella sua apparente semplicità, tocca il cuore del valore formativo: trasformare concetti e framework teorici in strumenti utili per affrontare il lavoro quotidiano. In questa prospettiva, una delle risposte più efficaci – a mio avviso – è l’applicazione del metodo Kanban come leva operativa per dare concretezza ai concetti di ITIL.

Il punto di vista di ITIL 4 sul metodo Kanban

ITIL 4 nasce con l’intento di fornire un quadro di riferimento strutturato per la gestione dei servizi IT, con un’attenzione particolare alla co-creazione di valore tra chi eroga e chi utilizza i servizi. Per realizzare tale obiettivo, le organizzazioni devono imparare a migliorare continuamente i propri processi e i flussi di lavoro. È proprio qui che il metodo Kanban si rivela uno strumento operativo essenziale.

Nel materiale didattico ufficiale di ITIL 4, Kanban viene menzionato come possibile approccio per supportare la filosofia Lean. In particolare, Kanban viene descritto come un adattamento del pensiero Lean alle attività di knowledge work, cioè al lavoro concettuale e basato sulla conoscenza, tipico dell’ambiente IT. Il framework ITIL 4 identifica Kanban come utile laddove vi sia difficoltà a gestire e a dare priorità al lavoro, oppure a visualizzare con chiarezza le fasi di un processo.

Dove ITIL beneficia maggiormente di Kanban

In questo contesto, Kanban viene proposto come soluzione semplice e a basso rischio, che può aiutare le organizzazioni a migliorare l’efficienza, visualizzare i processi in corso, limitare il lavoro simultaneo (WIP – Work In Progress), gestire il flusso delle attività e rilevare eventuali blocchi o colli di bottiglia. Tutti elementi che contribuiscono a rendere più fluido e prevedibile il funzionamento dei team. È una proposta che si allinea al principio guida di ITIL “Keep it simple and practical” (Mantenere semplicità e praticità).

Secondo ITIL, il valore per il cliente è generato attraverso i cosiddetti value stream, i flussi di valore che attraversano le varie attività e componenti del sistema dei servizi. In questo senso, Kanban rappresenta uno strumento concreto per rendere visibili tali flussi, individuare inefficienze, ridurre gli sprechi e migliorare la capacità di risposta del sistema. Per questo motivo, Kanban può contribuire efficacemente a tutte le attività della service value chain, come la pianificazione, la progettazione e transizione, la realizzazione e la messa in esercizio dei servizi, il supporto e, naturalmente, il miglioramento continuo.

Una visione condivisa: ITIL e Kanban parlano una lingua simile

Sebbene la rappresentazione che ITIL offre di Kanban sia piuttosto semplificata – il metodo Kanban è in realtà molto più ricco e articolato – l’integrazione tra i due non è solo possibile, ma del tutto coerente e naturale. Entrambi si ispirano ai principi del pensiero Lean e al Toyota Production System. Ne condividono le radici teoriche, i valori e l’approccio sistemico al lavoro.

Il metodo Kanban si basa su alcune pratiche generali che risultano coerenti con i principi ITIL: visualizzare il lavoro, limitare il lavoro in corso, gestire attivamente il flusso, rendere esplicite le regole di gestione, introdurre cicli di feedback e promuovere il miglioramento continuo attraverso la sperimentazione e la collaborazione.

Il vero potere del metodo Kanban risiede nell’adozione sistemica di queste pratiche, nella gestione attiva dei flussi di lavoro e nella capacità di adattarsi dinamicamente alle esigenze del sistema. È in questa prospettiva che Kanban diventa uno strumento strategico, non solo operativo, per applicare ITIL.

Come usare concretamente Kanban per applicare ITIL

Arrivati a questo punto, sorge però spontanea un’altra domanda: “Ma quindi, in pratica, come si fa?”. La risposta passa da un confronto tra l’approccio strutturato di ITIL e la natura evolutiva di Kanban.

Mentre ITIL propone un modello organico, con ruoli definiti e processi strutturati, difficili da introdurre in un’organizzazione, Kanban suggerisce un’evoluzione graduale, senza imporre cambiamenti drastici iniziali. Non richiede di cambiare i ruoli esistenti, ma lavora con ciò che c’è, facilitando l’evoluzione naturale delle pratiche organizzative.

Dalla mia esperienza, la chiave è quindi partire dal basso: individuare un team reale, osservare il suo modo di lavorare e iniziare ad applicare i principi e le pratiche di Kanban ai suoi flussi attuali. In questo modo, ITIL rimane lo sfondo di riferimento, un benchmark con cui confrontarsi, mentre Kanban diventa il vero strumento quotidiano per far evolvere l’organizzazione di servizi.

Per questo motivo, nel mio lavoro accompagno le organizzazioni a partire da ciò che già fanno, utilizzando ITIL e altri framework non come prescrizioni rigide, ma come linee guida per aiutare a individuare i work item, a definire delle policy di servizio, stabilire cadenze operative e strutturare cicli di feedback, facendo leva sul metodo Kanban.

In sostanza, ITIL fornisce la cornice concettuale, ma è attraverso l’approccio pragmatico ed evolutivo di Kanban che possiamo muoverci, passo dopo passo, verso un’implementazione efficace e sostenibile di servizi migliori.

Conclusione

L’adozione combinata di ITIL e Kanban offre una risposta concreta a chi si chiede come portare nella pratica i concetti appresi nei corsi ITIL. Utilizzando Kanban come strumento per gestire il lavoro, organizzare i flussi, visualizzare i problemi e strutturare i cicli di feedback, diventa possibile calare ITIL nella realtà quotidiana delle organizzazioni, trasformando un framework complesso in una linea guida pratica al miglioramento.

In definitiva, ITIL ci suggerisce dove andare. Kanban ci permette di arrivarci, un passo alla volta.

Bibliografia

ITIL

  1. ITIL® Foundation – ITIL4 Edition, The Stationery Office, 2020
  2. ITIL®4: Create, Deliver and Support, The Stationery Office, 2020
  3. ITIL®4: Direct, Plan and Improve, The Stationery Office, 2020
  4. ITIL®4: Drive Stakeholder Value, The Stationery Office, 2020
  5. ITIL®4: High-velocity IT, The Stationery Office, 2020
  6. ITIL®4: Digital and IT Strategy, The Stationery Office, 2020

Kanban

  1. David J. Anderson, Kanban: Successful Evolutionary Change for Your Technology Business, Blue Hole Press, 2010
  2. David J. Anderson, Teodora Bozheva, Kanban Maturity Model: A Map to Organizational Agility, Resilience, and Reinvention – 2nd Edition, Kanban University Press, 2021

Il valore del Rispetto nel Metodo Kanban: una riflessione per la festa del lavoro

Il 1° maggio, Festa del Lavoro, è un’occasione per celebrare il ruolo fondamentale dei lavoratori nella società e riflettere sui principi che rendono il lavoro non solo produttivo, ma anche umano e sostenibile. In questo contesto, il Metodo Kanban ci offre spunti significativi, in particolare attraverso uno dei suoi valori: il Rispetto (Respect).

Cosa significa rispettare le persone in Kanban

Il Kanban Maturity Model (KMM), che guida l’evoluzione dei sistemi organizzativi secondo una prospettiva basata sui valori e sulla cultura, pone grande enfasi sul rispetto. Ma cosa significa davvero questo termine nel contesto di Kanban? Non si tratta semplicemente di cortesia o buone maniere, bensì del riconoscimento delle competenze, delle condizioni e delle responsabilità di tutti gli attori coinvolti: persone, sistemi, clienti, sponsor, regolatori, proprietari e altri stakeholder.

Rispettare le persone all’interno del Metodo Kanban significa creare un ambiente che permetta loro di esprimere al meglio il proprio potenziale. Questo implica fornire formazione, risorse adeguate, strumenti, tempo, spazio e regole chiare. Le persone devono sapere qual è il loro scopo, come contribuire e quali risultati si attendono da loro. Solo così possono sviluppare autonomia, padronanza e un forte senso di significato nel proprio lavoro.

Muri, Mura e Muda: ridurre il sovraccarico come atto di Rispetto

Uno degli esempi più concreti di applicazione di questo valore riguarda la gestione del carico di lavoro e del flusso. Kanban si rifà ai concetti di Muri, Mura e Muda, i tre tipi di spreco identificati nel sistema di produzione Toyota (Toyota Production System), sviluppato in Giappone a partire dagli anni ’40 e ’50 del secolo scorso. Questi termini giapponesi rappresentano i principali ostacoli all’efficienza e alla qualità nei processi lavorativi. Muri indica il sovraccarico fisico o mentale su persone o macchine, spesso causato da una cattiva pianificazione o da aspettative irrealistiche. Mura si riferisce all’irregolarità o alla variabilità nei processi, che genera inefficienze e imprevedibilità. Muda, infine, rappresenta ogni forma di attività che non aggiunge valore per il cliente. Insieme, questi tre concetti costituiscono la base per l’individuazione e l’eliminazione degli sprechi e per il miglioramento continuo nei sistemi Lean.

Kanban pone attenzione prima di tutto al Muri (sovraccarico) e al Mura (irregolarità del flusso di lavoro), per poi concentrarsi sul Muda (attività non a valore). Ridurre il sovraccarico è una priorità per le persone, soprattutto in contesti organizzativi inizialmente poco strutturati, poiché un carico eccessivo compromette la concentrazione, genera stress e peggiora la qualità della vita lavorativa. La semplice visualizzazione del lavoro su una board Kanban, con stati chiari e una colonna “Next” ben definita (che identifica le prossime attività da eseguire), contribuisce a ridurre il peso mentale causato dall’elevato numero di attività in attesa di lavorazione.

Un cambiamento evolutivo, non traumatico

Il rispetto si manifesta anche nel modo in cui avviene il cambiamento: non per rottura, ma per evoluzione. Kanban propone un miglioramento incrementale, partendo da ciò che già esiste, per evitare traumi organizzativi che minano identità, status e dignità delle persone.

Nei contesti organizzativi più strutturati ed evoluti, il rispetto si traduce anche in riconoscimento e valorizzazione dei risultati. Si passa dalle board individuali, spesso invisibili, a spazi condivisi in cui i successi collettivi vengono messi in evidenza, favorendo una cultura collaborativa e motivante.

Conclusione: Rispetto come fondamento di organizzazioni resilienti

In definitiva, applicare il valore del rispetto non è solo una scelta etica: è un investimento strategico. Persone motivate, autonome e valorizzate offrono migliori risultati, generano maggiore soddisfazione per i clienti e contribuiscono a costruire organizzazioni più resilienti e sostenibili.

In questa Festa del Lavoro, il Metodo Kanban ci ricorda che il rispetto non è un concetto astratto, ma una pratica quotidiana che rende il lavoro più dignitoso, efficace e profondamente umano. Un’organizzazione che rispetta le sue persone onora non solo la giornata odierna, ma anche il proprio futuro.

Guidare il cambiamento evolutivo: la leadership nei sistemi Kanban

Ho già accennato in un precedente articolo come siano necessari un senso e uno scopo condiviso per alimentare la leadership in un team. In questo articolo analizzo meglio l’importanza della leadeship per un sistema Kanban e per l’evoluzione della maturità di un’organizzazione.

Il Metodo Kanban si basa su un approccio evolutivo al cambiamento, privilegiando miglioramenti incrementali rispetto a trasformazioni drastiche. In questo contesto, la leadership svolge un ruolo cruciale nel catalizzare e sostenere l’evoluzione di un sistema Kanban e nel raggiungimento di livelli superiori di maturità organizzativa definiti dal Kanban Maturity Model (KMM).

Cambiamento incrementale e il ruolo della leadership

Il Metodo Kanban promuove un cambiamento incrementale evolutivo partendo dell’equilibrio attuale e introducendo modifiche gradualmente. A differenza di molti approcci di gestione del cambiamento che utilizzano momenti di rottura o cambiamenti drastici, Kanban considera questi come un’ultima risorsa, da utilizzare solo in casi estremi.

Guidare il cambiamento in periodi di equilibrio è più complesso e richiede che le persone riconoscano i problemi e abbiano una motivazione al cambiamento. In questo scenario, la leadership è essenziale per fornire lo stimolo necessario all’azione. Il modello di cambiamento evolutivo di Kanban si basa su tre elementi principali: uno stressor, un meccanismo di riflessione e un atto di leadership.

  • Lo stressor rende visibili le tensioni o i problemi presenti nel contesto lavorativo, e l’insoddisfazione che provoca diventa la miccia che accende il desiderio di cambiamento.
  • Il meccanismo di riflessione, come la visualizzazione condivisa della kanban board e delle metriche durante il Kanban Meeting quotidiano, offre un modo per articolare e riflettere sullo stressor. Le cadenze Kanban, come il Kanban Meeting, il Replenishment Meeting e la Service Delivery Review, costituiscono meccanismi di riflessione codificati.
  • L’atto di leadership fornisce lo stimolo per catalizzare la conversazione e l’azione che ne conseguono. Senza la leadership, si genera inerzia, ovvero frustrazione senza un catalizzatore per il cambiamento.

Valorizzare gli atti di leadership

Nel Metodo Kanban, gli atti di leadership sono un valore esplicito. Se la leadership non viene valorizzata e incoraggiata, è probabile che se ne manifesti poca. La leadership è un ingrediente fondamentale per il cambiamento evolutivo. Poiché gli atti di leadership comportano un rischio personale per l’individuo, è necessario favorire la ‘sicurezza psicologica’ (ovvero la certezza di potersi esprimere liberamente nell’ambiente di lavoro, senza rischiare conseguenze negative) e incoraggiare l’assunzione di rischi rendendo gli atti di leadership un valore esplicito.

Evoluzione della leadership attraverso i livelli di maturità dell’organizzazione

La comprensione e l’applicazione della leadership evolvono con i livelli di maturità dell’organizzazione secondo il KMM:

  • A livello di maturità 1 – Team-Focused (Orientato al Team), si valorizza la capacità di prendere iniziativa.
  • livello di maturità 2 – Customer-Driven (Orientato al Cliente), la capacità di prendere iniziativa si approfondisce nella valorizzazione degli atti di leadership, riconoscendo che la leadership comporta rischi personali e incoraggiando gli altri ad agire attraverso l’esempio, l’ispirazione o la direzione.
  • livello di maturità 3 – Fit-for-Purpose (Adatto allo Scopo), si riconosce che la leadership proveniente solo dal vertice causa ritardi e che i leader ai livelli superiori non sono sempre nella posizione migliore per conoscere le necessità o vedere il bisogno di azione ai livelli inferiori. Si incoraggia e ci si aspetta la leadership a tutti i livelli, e i leader più senior devono fornire la fiducia e la tolleranza agli errori necessarie per incoraggiare l’assunzione di rischi.
  • livello di maturità 4 – Risk-Hedged (Con Copertura del Rischio), si passa allo sviluppo vero e proprio della leadership, riconoscendo che le capacità di leadership non sono innate ma apprese attraverso l’esperienza, i modelli di ruolo e il mentoring.

Superare le barriere all’adozione con la leadership

Diverse barriere possono ostacolare una piena adozione di Kanban e il raggiungimento di livelli di maturità più elevati. La leadership gioca un ruolo cruciale nel mitigare queste barriere.

  • La mancanza di leadership e la mancanza di unità e allineamento dietro un senso e uno scopo impediscono all’organizzazione di raggiungere il livello di maturità 3 o superiori. I leader devono comunicare chiaramente gli obiettivi, focalizzandosi sul servizio al cliente.
  • La mancanza di comprensione del contesto può essere affrontata con la visualizzazione e le metriche, ma la leadership è necessaria per interpretare e agire in base a queste informazioni.
  • La mancanza di fiducia può essere superata definendo politiche esplicite, che a loro volta sono guidate dalla leadership.
  • La mancanza di pensiero sistemico, quando l’organizzazione è ancora a un livello di maturità iniziale, può rallentare l’evoluzione. Serve una leadership in grado di favorire una visione integrata dei servizi, riconoscendone l’interdipendenza.
  • Anche il ruolo del coaching stesso può diventare una barriera se i coach non si concentrano sui risultati organizzativi osservabili nei livelli di maturità e non incoraggiano l’indipendenza e l’autosufficienza dell’organizzazione. La leadership dovrebbe guidare lo sviluppo delle capacità interne piuttosto che creare dipendenza dal coach stesso.

Il ruolo dei coach Kanban

I coach Kanban agiscono come se fossero degli ‘allenatori sportivi’ per l’organizzazione, utilizzando il modello del KMM come riferimento per sviluppare la maturità organizzativa e la resilienza aziendale. Essi supportano lo sviluppo della leadership a tutti i livelli, aiutando i leader aziendali a guidare con le indicazioni, l’esempio, l’ispirazione e, quando necessario, anche dando disposizioni.

Conclusione

L’evoluzione di un sistema Kanban richiede una leadership distribuita e orientata al servizio, che valorizzi il cambiamento incrementale, incoraggi gli atti di leadership a tutti i livelli e si adatti alle diverse fasi di maturità dell’organizzazione. I leader in un contesto Kanban non sono solo coloro che dettano la direzione, ma anche coloro che creano le condizioni affinché il cambiamento emerga in modo organico, superando le resistenze e costruendo una cultura di miglioramento continuo e resilienza. Il modello di maturità fornisce una guida per comprendere come la leadership debba evolvere di pari passo con la maturità dell’organizzazione, garantendo un percorso di crescita sostenibile e focalizzato sul valore per il cliente e per l’organizzazione stessa.

Le tre obiezioni che sento sempre quando propongo Kanban (e perché si possono superare)

Ogni volta che parlo di Kanban succede una cosa prevedibile quanto il traffico il lunedì mattina: arrivano le obiezioni.
Non sempre le stesse parole, ma quasi sempre gli stessi concetti.
E va benissimo così: sono obiezioni legittime, sensate… e anche superabili.

Anzi, col tempo ho imparato a vederle come un passaggio naturale: non sono ostacoli, ma porte che si aprono con le giuste chiavi.
In questo articolo condivido le tre più ricorrenti — e qualche spunto per affrontarle con più leggerezza (e un po’ di Kanban).

1. “Kanban può funzionare altrove, ma non nella nostra organizzazione…”

(Piccola, grande, media — a scelta.)

Questa è la classica obiezione da zona di comfort. Se l’organizzazione è piccola: “Siamo troppo piccoli per strutturarci.”
Se è grande: “Siamo troppo complessi per queste cose da startup agile.”
Insomma, qualsiasi dimensione è perfetta per non mettersi in gioco.

La verità?
Kanban non è un vestito taglia unica: è una maglia elastica.
Funziona perché si adatta. Puoi iniziare in piccolo, anche solo gestendo il lavoro di un unico flusso. Non serve ristrutturare l’organizzazione, basta iniziare a rendere visibile e gestire ciò che prima era invisibile: il caos.

Se Kanban “funziona solo per gli altri”, chiediti:
quali abitudini stai difendendo mascherandole da unicità?

2. “Non abbiamo tempo per cambiare. Lo faremo quando saremo più tranquilli.”

Ecco un paradosso interessante:
non si ha tempo di cambiare perché si è troppo occupati a gestire… il disordine che Kanban aiuterebbe a ridurre.

Dire che adotterai Kanban quando avrai più tempo è come dire che inizierai a risparmiare quando sarai ricco.
Spoiler: quel momento non arriva mai.

Kanban è pensato per essere introdotto senza fermare nulla. Non richiede un progetto titanico: puoi iniziare domani con tre colonne su una lavagna e alcuni post-it di colori e dimensioni diversi.
È un metodo evolutivo, non rivoluzionario.
Aspettare il “momento giusto” è solo un modo elegante per dire: “Non sono sicuro di volerlo fare davvero.”
Ma possiamo parlarne e iniziare a fare qualcosa insieme.

3. “Il nostro lavoro è troppo imprevedibile. Non è standardizzabile.”

Perfetto. Proprio per questo Kanban è quello che vi serve.

Kanban non serve a standardizzare il contenuto del lavoro, ma il modo in cui lo si gestisce.
È pensato per fare ordine nei flussi di lavoro imprevedibili, dinamici, dove il cambiamento è la norma.
Non ti chiede di prevedere il futuro, ma di rispondere meglio al presente.

Dire “il nostro lavoro è troppo caotico per Kanban” è come dire “la nostra casa è troppo disordinata per usare un armadio.”
Appunto.

In conclusione

Se ti sei ritrovato in una di queste obiezioni, Kanban non è il problema.
Forse il problema è che il cambiamento fa un po’ paura, e ci stiamo aggrappando al caos che conosciamo, invece di esplorare un ordine che ci renderebbe davvero più liberi.

Il punto non è “fare Kanban”.
Il punto è smettere di sopravvivere e cominciare a lavorare meglio.

E per questo, il momento giusto è adesso.
Anzi, era ieri.

Contro la mentalità vittimistica: come avere uno scopo alimenta la leadership

In un mio precedente articolo (che potete rileggere qui), parlando di rischi operativi, ho evidenziato un comportamento piuttosto comune in ambienti a bassa maturità organizzativa: la presunta complessità del contesto viene spesso usata come scusa per giustificare le proprie prestazioni inadeguate.

In questi contesti, le difficoltà esterne sono invocate come cause uniche del caos organizzativo, mentre si evita di riconoscere le responsabilità interne, sia individuali che sistemiche. Questo porta alla cosiddetta abdicazione della leadership, che alimenta una mentalità vittimistica e passiva nel team.

Ma come si costruisce un ambiente di lavoro che responsabilizza, invece di deresponsabilizzare? Come si promuove un contesto in cui ognuno si sente autorizzato ad agire da leader?

Uno degli strumenti concreti più efficaci in questo senso è la definizione e la condivisione di uno scopo (purpose) chiaro, che ispiri e orienti l’azione.

Immagine generata da DALL-E

Leadership a tutti i livelli: un principio fondamentale

Uno dei quattro principi base del metodo Kanban afferma:

“Incoraggia atti di leadership a tutti i livelli.”

Significa abilitare ogni individuo – non solo i manager – a migliorare attivamente il sistema. Ma affinché ciò accada, serve più di un metodo visuale o una board Kanban: serve senso. E il senso si costruisce a partire da uno scopo condiviso.

Lo scopo – ‘purpose’ – nel Kanban Maturity Model

Nel Kanban Maturity Model (KMM), lo scopo è visto come una leva culturale fondamentale per l’evoluzione organizzativa, soprattutto a partire dal livello 3 (Fit-for-Purpose) in su.
A questo stadio di maturità:

  • l’organizzazione riconosce che non tutto è fuori controllo;
  • inizia a discernere tra variabilità sistemica e problemi di metodo;
  • definisce uno scopo che guida il comportamento, orienta le decisioni e responsabilizza.

Nei livelli di maturità più alti (4 e 5), questo scopo viene interiorizzato a livello di cultura organizzativa: diventa parte del DNA del team.

Esempio pratico: uno scopo che guida le azioni

Prendiamo un team di informatici che sviluppa un’app per la gestione finanziaria personale. Iniziano a usare Kanban per migliorare il flusso, ma si accorgono che senza un orientamento chiaro, le decisioni restano frammentate. Decidono allora di formulare insieme uno scopo condiviso:

“Aiutiamo le persone a sentirsi sicure e in controllo delle proprie finanze attraverso soluzioni semplici, affidabili e accessibili.”

Questo scopo viene:

  • reso visibile sulla Kanban board;
  • usato come criterio per dare priorità;
  • richiamato nei momenti di review e miglioramento.

Risultato?

  • Un designer propone una nuova funzione utile non richiesta dal backlog.
  • Uno sviluppatore junior evidenzia un rischio sulla fiducia dell’utente.
  • Il team rifiuta collettivamente una richiesta del marketing che va contro il purpose.

Tutti questi sono atti di leadership distribuita, resi possibili dallo scopo.

Conclusione: lo scopo come antidoto alla mentalità vittimistica

Uno scopo chiaro è molto più di una dichiarazione d’intenti: è una fonte di libertà e responsabilità.
È lo strumento con cui un’organizzazione può contrastare la mentalità vittimistica, valorizzare il contributo individuale e coltivare una cultura in cui tutti si sentono parte attiva del miglioramento.

Nel linguaggio del KMM, questo è ciò che distingue i sistemi maturi da quelli che abdicano: non è la complessità esterna a fare la differenza, ma la chiarezza interna sul perché si fa ciò che si fa.